Maggio, tra rose e raid
Chissà quanti, come me, ritengono che maggio sia tra i mesi più belli dell’anno, con le sue dolci e non soffocanti temperature, con la rinascita della vegetazione e della voglia di viaggiare, il superbo fiorire delle rose, la comparsa delle lucciole nell’oscurità di luoghi incantati, con il mare che ritorna composto in quegli argini che in realtà non ha, per lasciarsi da tutti godere un po’.
Per i credenti, poi, maggio è sempre stato anche il mese della Madonna, quello in cui, volgendo lo sguardo verso il cielo, Le si invocano grazie offrendo in cambio dei “fioretti”.
E se le preghiere e le richieste a Lei rivolte fossero luci, forse in questo mese il cielo, nella sua immensità, sarebbe in festa come nella magica notte delle lanterne.
Eppure c’è un posto lontano in cui tutti invece hanno dovuto dimenticare la bellezza del mese di maggio.
E c’è un cielo, solo apparentemente distante da qui, da cui, forse, sono scappate via stelle e magia.
Qui i ripetuti bagliori che lo hanno illuminato in una notte non erano lanterne in festa né lucciole fatate, ma il susseguirsi di razzi lanciati in aria per ben 1750 volte e che hanno colpito non solo obiettivi sensibili, ma anche scuole e sinagoghe e, così, anchecivili e tra questi persino bambini
È questo il cielo del Medio Oriente, in particolare quello chericopre una piccola striscia di terra situata al confine tra Israele e la Palestina che da un decennio oramai, o forse da sempre, è condannata a convivere con conflitti e tensioni in nome di una “terra promessa”, concessa e poi nuovamente sottratta.
Assistiamo, così, impotenti ad una delle tante contraddizioni presenti nella nostra epoca.
Da un lato, grazie all’avvento della tecnologia e delle continue scoperte scientifiche, si potrà produrre l’acqua dalla sabbia della Luna in laboratorio, o adoperare “cerotti hi tech” per analisi del sangue, potremo andare da Roma a Milano in soli 30 minuti o ammirare strade di plastica riciclata da Londra a Bangalore a Venezia, e così via.
Dall’altro, a più di settant’ anni dalla fine dell’ultimo conflitto,incredibilmente ci arriva ancora lo stridente rumore della guerracon il suono di sirene, con le immagini di bambini che scappano, di altri che restano inermi a terra, di grattacieli che si sgretolano come puzzle.
E il mio pensiero va proprio ai bambini, quelli sfortunatamente nati in questa terra, privati di qualsiasi sprazzo di spensieratezza e di fanciullezza, educati sin da subito ad imbracciare fucili invece che a tirare calci ad un pallone nei cortili, a riconoscere il suono delle sirene per scappare al sicuro, a guardare il cielo solo per scorgere i razzi da cui difendersi.
Che occhi hanno i bambini che vivono nella guerra, lontano da ogni possibile dialogo?
Forse gli occhi di chi non ascolta da troppo tempo delle favoleraccontate sottovoce, che aiutino a fare bei sogni e a credere in un domani accettabile.
Forse gli occhi di chi non può riconoscere la bellezza del mese di maggio, perché per loro sarà invece un mese come un altro fatto diviolenza e di paure.
Oggi, dunque, all’imbrunire, avrò un motivo in più per alzare lo sguardo al cielo e ringraziare il mio Dio perché, con o senza nuvole, potrò comunque provare nuovamente emozioni ammirando un altro tramonto fatto ancora di stelle e non dei bagliori delle bombe.
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