“Fu questione di donne”?
Son decorsi millenni da quel fascinoso racconto della fuga d’amore di Elena, che lasciò il marito Menelao, re di Sparta, per seguire il bel Paride, figlio di Priamo, re di Troia, ed ivi essere accolta.
L’intero mondo greco non poté, ovviamente, tollerare l’affronto, e, forse anche col recondito fine politico di poter espugnare l’invincibile Ilio, si mobilitò dando inizio alla ben nota guerra decennale contro i Troiani, tra leggendari eroi.
Senonché insorse tra questi un pernicioso dissidio, allorché il loro capo supremo Agamennone rifiutò a Crise, sacerdote di Apollo, la restituzione di sua figlia Criseide, nonostante l’offerto riscatto, agendo con prepotenza e minaccia (“or va né mi irritar se salva ir brami”).
Crise invocò l’intervento del dio Apollo (“Il pianto mio paghino i Greci per le tue saette”).
Per placarne l’indignazione punitrice, il valoroso Achille sollecitò ad Agamennone la chiesta sostituzione, ma l’Atride accolse l’insistenza solo a condizione che avrebbe liberato la propria schiava Criseide però requisendo per sé, in cambio, la schiava Briseide dello stesso Achille, che a costei teneva molto.
Questa ulteriore prepotenza provocò l’ira funesta del Pelide e tutti gli infiniti lutti che addusse agli Achei.
Non appare immaginabile che, in piena guerra tra i Greci ed i Troiani, possa essersi verificato, tra i due più importanti protagonisti Greci, un dissidio per il possesso delle due leggiadre schiave, Criseide e Briseide.
Ovviamente, tra alterne vicende la guerra proseguì sino alla conquista e distruzione di Troia ideata da Ulisse, ma rimase caratterizzata anche da questo “giovanile” conflitto tra due prodi, motivato, appunto, da una questione tutta al femminile.
Essa appare difficilmente conciliabile con la gravità del conflitto in corso, ma tuttavia conferisce ulteriore fascino leggendario a poema già di per sé immortale.
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