“Dunque, dove eravamo rimasti?”

L’Italia riapre, grazie alla campagna vaccinale e agli sforzi compiuti da chi ci guida verso la libertà. Ci stiamo mettendo impegno e fiducia, stiamo aderendo ad una campagna tempestata di contraddizioni, di notizie devianti e destabilizzanti, di allarmi più o meno falsi, di chiacchiere inutili e di fatti non sempre corrispondenti alle necessità. Una parte importante del Paese sta porgendo il braccio per farsi iniettare l’”elisir della ripresa” perché vuole rimettere in moto la macchina e la corsa alle destinazioni proibite. Vacanze, reunion, eventi, incontri, improvvisazioni, occasioni, destini che riprenderanno ad incrociarsi. L’estate ci sta chiamando come le sirene di Ulisse e speriamo che le nostre navi siano al sicuro da ulteriori prove di sopravvivenza. Direi che abbiamo dato.
Il lockdown è sembrato unico e infinito, il tempo e gli spazi si sono completamente trasformati in trappole e in tranelli, così come le nostre vite. In tutto questo noi “dove eravamo rimasti?” E soprattutto “da dove vogliamo ricominciare?”.

“Io sono rimasto in Italia, nella città in cui lavoro dall’anno precedente allo scoppio della pandemia. Sono uno che si trasferisce spesso, sono americano e la mia famiglia vive tra Olanda e Belgio. Ho due figli e non li vedo dallo scorso ottobre. Non ho mai avuto la possibilità di raggiungerli e loro non hanno potuto raggiungere me, nemmeno a Natale. Avrei potuto farlo, in realtà, ma solo stando in quarantena al ritorno. La mia azienda non me lo ha mai permesso. Sono esausto, ho dei sensi di colpa incolmabili per non essere stato al loro fianco in momenti importanti come la maturità, l’inizio di un corso universitario con trasferimento in un’altra nazione e tante altre cose. I miei ragazzi sognano di andare insieme a me in Costiera Amalfitana e a Capri, mi hanno inviato tutti i link, lo desiderano più di ogni altra cosa al mondo. Io riparto da loro, i miei figli. Il resto per me non ha alcun senso.” Tom

“Sono rimasta con un marito che non mi ama più. Quando è scoppiato il virus stavamo per andare dall’avvocato. Lui ha un’altra. La pandemia ci ha trasformati in due statue, come se fosse entrata in casa la lava di un vulcano in eruzione. Io ho perso il lavoro, lui no. “Dove eravamo rimasti?” Glielo chiedo ogni giorno, ma lui non mi risponde. Non c’è un dove, non c’è un come, non c’è altro che la paura di cambiare vita. Non so assolutamente da dove ricominciare, forse dovrò riprendere dalla sofferenza dell’accettazione del fallimento. Il lockdown mi ha fatto bene, mi ha permesso di non pensare, di rimanere in sospensione “approfittando” ancora di mio marito e delle nostre piccole grandi cose quotidiane. Ero rimasta alla paura di cambiare vita, al salto nel buio, e oggi ne ho ancora di più. Forse ce l’ha anche lui. Io riparto dalla cosa più semplice: la speranza. Quella che la paura vinca e ci permetta di rimanere insieme.” Lia

“Mentre l’Italia chiudeva, non potevo più andare dall’estetista, dal parrucchiere, nemmeno in palestra e, mio Dio, perdevo tutto! Lavoravo nel mondo dei congressi, facevo la hostess per grandi fiere ed eventi in tutto il mondo, parlo cinque lingue e guadagnavo moltissimo. Mi divertivo, viaggiavo, non pensavo a nulla, se non a me stessa, al denaro, a come farne sempre di più. Stavo per diventare anche socia di un’agenzia, tutto alla grande. Altro che Milano da bere! C’era da abbuffarsi. Dopo l’Expo 2015, questa città era diventata un’esplosione incontenibile di opportunità, di eventi, di gente che transitava per affari. Gli affari li facevamo anche noi, punto. Sono in cura da una psicologa e psichiatra, ho bisogno di medicine perché mi sono ammalata. Da un giorno all’altro ho perso la mia identità, la mia autostima, non so più cosa fare, non ci avevo mai pensato! Non so fare altro, non ho idea. Dove ero rimasta? All’incoscienza, alla routine del benessere e del lusso sfrenato e adesso riparto dalla mia guarigione. Non mi viene proprio in mente nient’altro. Sara

In bocca al lupo, ragazzi!

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