L’auspicio di Draghi e il lanciafiamme di De Luca

Non dovremo attendere molto tempo per sapere se il governo Draghi ha valutato con sufficiente responsabilità e solida “ragionevolezza” – perdonate il bisticcio – il rischio “ragionato” delle riaperture secondo il calendario in vigore dal 26 aprile scorso. Come per le misure restrittive, gli effetti delle maggiori libertà concesse si rivelano dopo due-tre settimane. Insomma, con accettabile approssimazione, nella terza decade di maggio si potrà fare un primo bilancio, ancorché parziale, circa la bontà o meno delle decisioni assunte.

L’opinione pubblica è naturalmente divisa sul tema. La propaganda politica ci ha messo del suo, spesso esasperando le diverse posizioni. La Scienza non è stata da meno, ed ha voluto dare il suo “dotto” contributo alla confusione. Non lo diciamo noi. Lo ha detto un immunologo del Cts, Sergio Abrignani, secondo il quale “… La Scienza deve chiedere scusa: non è stata in grado di parlare con una voce sola”. Appunto! Ma cosa fatta capo ha. E tuttavia non siamo affatto convinti che d’ora in poi, su questo versante, le cose miglioreranno.

Il sottoscritto appartiene alla categoria degli scettici, quanto alla ragionevolezza del “rischio ragionato” e non “calcolato”, concetto introdotto dal Premier Mario Draghi. E lo scetticismo deriva dal fatto che il governo affida parte importante della soluzione positiva del rischio alla responsabilità degli italiani.

Ricordiamo rapidamente cosa disse Draghi nella conferenza stampa del 16 aprile scorso. Disse: “Questo rischio incontra le aspettative dei cittadini e si fonda su una premessa: che nelle realtà riaperte, comportamenti come mascherine e distanziamenti siano osservati scrupolosamente”. Ch’è un po’ – diciamolo pure –come affidare il topo alle cure del gatto. Oppure – metafora più incisiva –  come nominare primario ematologo un vampiro.

Del resto, ad una persona della statura intellettuale e morale di Draghi non poteva sfuggire un dettaglio così importante, addirittura pregiudiziale. Tant’è che nel corso della stessa conferenza stampa il Premier auspicò “… l’attenzione delle istituzioni e delle forze dell’ordine”, riferendosi alla necessità di tenere gli occhi aperti sull’osservanza delle regole.

Ecco: se possiamo consentirci un rilievo critico al Presidente Draghi, con tutto il doveroso e sincero rispetto, egli ha commesso l’errore di fermarsi formalmente all’auspicio. Peggio: l’errore di non aver ancora provveduto a trasformare l’auspicio in un provvedimento di consistente inasprimento sanzionatorio nei confronti di chi se ne frega altamente di osservare le regole, ossia dei tanti irresponsabili che non si fanno scrupolo di diffondere il contagio con comportamenti vietati dalle norme in vigore.

Tra due-tre settimane sapremo se la curva dei contagi riprenderà a salire; se i morti – oggi ancora in numero molto alto –aumenteranno; se le terapie intensive torneranno ad affollarsi; se i ricoveri per Covid negli ospedali toglieranno altro spazio,personale e tempo alle attività ordinarie, facendo in tal modo allungare ulteriormente le liste di attesa.

Intanto già sappiamo per certo – lo documentano le immagini di tutti i Tg nazionali e locali – che le regole non vengono rispettate. Dai Navigli di Milano a Campo dei Fiori a Roma a via Caracciolo a Napoli, dalle grandi città ai piccoli paesi in lungo e in largo nella penisola, non sono assolutamente maggioranza ma di certo abbondano i fuorilegge delle mascherine, degli assembramenti “bocca a bocca”, della strafottenza elevata a dignità esemplare di vita. Ergo, l’auspicio del Premier, com’era prevedibile, è rimasto inascoltato: non dalla stragrande maggioranza degli italiani, che avrebbe osservato comunque le regole – come ha sempre fatto – a prescindere dall’accorato appello del capo del governo; ma dalla solita minoranza sufficientemente numerosa, in questa come in altre circostanze, per vanificare gli sforzi, i sacrifici, il senso del dovere, il rispetto delle regole della parte maggioritaria e civilissima della comunità nazionale.

La verità – troppo amara per essere sopportata – è che sono insufficienti i controlli. Insufficienti perché sarebbe impossibile piazzare un poliziotto – si fa per dire – in ogni strada di ogni comune d’Italia. Insufficienti, diciamolo pure, anche per qualche pigrizia di troppo. Ma ciò che soprattutto manca – nei confronti di quella minoranza irresponsabile, arrogante, irritante, barbara – è la misura adeguata della sanzione, unitamente alla certezza della pena.

Il modo c’è per coniugare l’impossibilità di avere il poliziotto onnipresente e l’efficacia dell’azione sanzionatoria: è l’esempio. L’esempio concreto che chi sbaglia paga, e paga un conto salatissimo. Ci stanno raccontando da un anno e più che siamo in guerra. Ce lo raccontano il governo centrale e i governi regionali. Ce lo raccontano innanzitutto i circa centoventimila morti per Covid, le macerie economiche e sociali in cui il paese è ridotto, l’aumento esponenziale di persone che richiedono visite psichiatriche.

La guerra dunque c’è ed è palpabile. E in tempo di guerra, tra le altre cose, è indispensabile la tolleranza zero. Perché mai, allora, si deve consentire a questa minoranza di barbari di rendere la guerra ancora più aspra, più difficile da combattere e da vincere? Perché consentire a questi incivili di distruggere ciò che la stragrande maggioranza degli italiani da oltre un anno, giorno dopo giorno, costruisce con le proprie dolorose rinunce rispettando le regole? Non è oltraggioso e mortificante, per i cittadini che fanno il proprio dovere, sopportare l’impunità di cui sostanzialmente godono i barbari di casa nostra?

Siamo passati dai “lanciafiamme” di De Luca – che non eranoaffatto eccessivi, date le circostanze – agli “auspici” senza controlli e a fil di voce, ancorché pronunciati da una personalità stimata nel mondo qual è Draghi. Stando così le cose, tuttodobbiamo augurarci fuor che lo Sceriffo abbia ancora una volta ragione. Che Nostro Signore ce la mandi buona.

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