L’Irpinia politica ha perso i buoi e cerca le corna
L’Editoriale di oggi sarà volutamente breve e dichiaratamente fazioso. Ci spieghiamo: fazioso in senso tecnicamente territoriale. Una riflessione sintetica, asciutta, da “irpini”: non da campani, non da meridionali, non da “nazionali”.
La notizia può essere liquidata in pochi secondi: l’Irpinia è presente nel Piano nazionale di Ripresa e Resilienza soltanto grazie all’idea-progetto di Piattaforma Logistica in Valle Ufita, strettamente collegata alla Stazione Hirpinia dell’Alta Velocità/ Alta Capacità Napoli-Bari. Se ne deve il merito all’Asi, ai sindaci dell’Area Vasta di Ariano, a Confindustria e al Sindacato. Si sono battuti con lucidità e costanza per raggiungere l’obiettivo. Sono stati “bravi irpini”.
È un programma da 300 milioni di euro. Non poco, ma è soltanto quello, riguarda una parte della provincia ed esclusivamente il settore manifatturiero. Non sono briciole quei 600 miliardi di vecchie lire. E di certo porteranno posti di lavoro, benefici, ricchezza. Ma attenti a non perdere il senso delle proporzioni, specie in considerazione del fatto che il Recovery Plan è la “speranza” di ripartenza e ripresa dopo gli immensi danni economici e sociali prodotti dal Covid e tutt’altro che già finiti.
Per non smarrire il senso delle proporzioni, e restando in casa irpina, basti l’esempio dei 60 milioni che un solo imprenditore, Angelo D’Agostino, investe nel project financing del nuovo Stadio-Servizi di Avellino. Tanto per dire che non sarà con i 300 milioni della Piattaforma Logistica che risolleveremo le sorti di una provincia abbandonata a se stessa dalla ricostruzione post-sismica in poi.
Ecco il punto: al di là delle iniziative private di pochissimi e coraggiosi imprenditori, al di là della Piattaforma Logistica in Valle Ufita, la verità è che in questa provincia non si è pensato più a nulla. Il fallimento della Politica si sta rivelando in tutta la sua enorme, inappellabile, intollerabile gravità. Il Recovery Plan poteva e doveva essere l’occasione per dimostrare capacità di pensiero, di proposta, di iniziativa, di concretezza della Politica. Invece niente. Zero. Da quando se ne è cominciato a parlare, la Politica irpina – dai parlamentari che purtroppo (tutti o quasi) ci ritroviamo ai consiglieri regionali, dai partiti e movimenti alle associazioni “eoliche” o roba del genere – ha pensato a fare i riccioli alle bambole, in un delirio d’autoreferenzialità mai registrato prima, invece di pensare, partorire e suggerire idee che non fossero fumosità stucchevolmente attinte dal libro dei sogni.
Pensate a quale livello di paradosso siamo giunti: ora che non c’è più tempo per il Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza, già bell’e impacchettato e praticamente in viaggio verso Bruxelles, la Politica irpina si sveglia e organizza webinar per discutere di Recovery Plan. Ch’è un po’ come festeggiare il compleanno del morto.
C’è stato un tempo, un lungo periodo, in cui questa provincia si nutriva di “Pane e Politica”. Ora il companatico è rappresentato dalle Chiacchiere. In compenso si beve molto. Solo così, dai visibili effetti esaltanti dei fumi dell’alcol, si può spiegare l’euforia inconcludente di una classe dirigente senza arte né parte, e perciò stesso priva d’identità e dignità.
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