Covid e dintorni: chi fa cosa per la Campania

Andiamo dritto al cuore della questione. Che non è la forma. Non ora, almeno. Non ora che in Campania e nel Sud in particolare l’indice di diffusione del Virus continua a mantenersi un bel po’ al di sopra della media nazionale. Ragion per cui la forma, importante quanto si vuole, non si può considerare fattore imprescindibile. Alle condizioni date, nell’attuale congiuntura, il cuore della questione è la sostanza: è chi fa cosa a difesa della Campania e del Sud.

Tradotto in argomento concreto, il cuore della questione non è De Luca, l’odiato De Luca, che da par suo restituisce i complimenti a giornali e firme di giornali impegnati un giorno sì e l’altro pure a definirlo “macchiettista”, peraltro non a caso seguiti a ruota da intellettuali che su quei giornali scrivono e non certo “a gratis”.

Magari De Luca non applica il comma, non saprei dire di quale “articolo” del Cristianesimo, che suggerisce di porgere l’altra guancia se ti mollano uno schiaffo. Magari De Luca risponde allo schiaffo con un calcio ben piazzato negli stinchi, cosa doverosamente fatta, anzi addirittura poca cosa, a parere del sottoscritto.

Magari questo e tanto altro ancora si può dire “dello” e “sullo” Sceriffo. Tuttavia il cuore della questione non cambia: è la sostanza, è chi fa cosa per la Campania e per il Sud.
Vogliamo procedere per esclusione? Hanno fatto o stanno facendo qualcosa i partiti politici, dal Pd ai 5Stelle, da Leu a Fratelli d’Italia, dalla Sinistra con tutti gli aggettivi di comodo a Italia Viva a Forza Italia? Non pervenuto. Ad eccezione della Lega, nessuno sta muovendo un dito. Il problema, però, è che Salvini sta muovendo mani e piedi – altro che dito! – contro la Campania e contro il Sud, non certo a favore. Beninteso, e non sembri contraddittorio, egli “fa” non facendo, da “pirla” cresciuto e pasciuto nel pragmatismo dei cavoli propri dell’opulenta Lombardia: egli semplicemente si astiene, anche perché ha capito bene che nessuno sa far di peggio, contro la Campania e contro il Sud, del personale politico della Campania e del Sud.

Di deputati, senatori, ministri e sottosegretari della Campania e dell’intero Mezzogiorno d’Italia manco a parlarne: quando arrivano in Parlamento e/o al Governo, perdono perfino l’accento meridionale, quasi un effetto collaterale (non ancora inserito nel bugiardino) della vaccinazione con AstraZeneca.

Certo, c’è Mara Carfagna: intelligente, sveglia, determinata, coraggiosa. In poco più di due mesi dalla nomina a ministro per la Coesione e il Sud, ha già fatto chilometri rispetto alla sosta permanente nei box del suo predecessore Provenzano: il quale ha lasciato tracce zero, proprio come le “chiacchiere”, durante un mandato per fortuna interrotto dal cambio di governo. Ha fatto benissimo Enrico Letta a nominarselo vice nel Pd: questo partito non potrebbe stare peggio di come sta, qui non possono essere procurati danni ulteriori, un Provenzano in più o in meno non è rilevabile.

Forma e sostanza. E veniamo al tanto vituperato De Luca: vituperato dalla Intellighenzia napoletana del mondo partitico, naturalmente di sinistra, e accademico-giornalistico, invero più “sinistro” che di sinistra, ossia quel mondo – assai spesso spocchioso e presuntuoso – che inquadra l’azione politica e amministrativa di De Luca nell’arte della “macchietta”.

Giusto un esempio – uno solo – per dimostrare quanto contrasti con la realtà in tempo di pandemia la visione romantica della politica – formalmente e ipocritamente romantica – di certa Intellighenzia napoletana.

De Luca è ultimamente finito nel mirino di Lorsignori per la storia dei vaccini. Non della sua vaccinazione, episodio trito e ritrito dopo che fu proprio il sottoscritto, in perfetta sintonia con i colleghi napoletani del Mattino, a trattare con i guanti di ferro appuntito il governatore per una scelta assolutamente esecrabile.

De Luca è finito nel mirino dell’Intellighenzia benpensante per essersi permesso di contestare il governo attuale, e soprattutto quello che c’era prima, per la iniqua assegnazione delle dosi di vaccini: un criterio scriteriato secondo il quale la Campania otteneva molte meno dosi rispetto a regioni con un numero di residenti di gran lunga inferiore.

Le “macchiette” di De Luca consistettero nel rivendicare con forza il buon diritto della Campania. Lo fece a modo suo, nella dialettica che gli è congeniale, spesso ricorrendo al paradosso, talvolta alla provocazione molto spinta, evidentemente per evitare che le sue denunce ragionate si rivelassero grida nel deserto. Forma discutibile? Se ne discuta pure. Sulla sostanza, invece, c’era e c’è niente da discutere. Per renderla comprensibile anche ai più duri di testa, il presidente della Campania racchiuse la sostanza in una formula molto semplice, niente algoritmi, aritmetica elementare: “Un cittadino, un vaccino”. Dai 16 anni in su, tutti hanno diritto ad essere vaccinati, altro sono le priorità. Per così poco, nonostante fosse tanto giusto e chiaro, qualcuno rispolverò l’epiteto di “macchiettista, ne fece una bandiera: cantò prima un gallo su qualche giornale schierato da sempre e a prescindere contro De Luca, subito dopo ci fu l’amplificazione classica del coro di galli sulla monnezza. È cronaca.

La forma e la sostanza. Un paio di giorni fa, il commissario Figliuolo, anche in nome e per conto di chi lo ha nominato, ossia del Premier Draghi, ha accolto la richiesta di De Luca: da subito, le forniture di vaccini verranno assegnate in proporzione al numero di residenti: “Un cittadino, un vaccino”. Niente di originale, un diritto scontato. Solo che andava difeso: il presidente della Regione lo ha fatto con rabbia, con le unghie e con i pugni sul tavolo. L’ha spuntata, oggi ne godono i cittadini della Campania. Gli altri, a cominciare dall’Intellighenzia napoletana, se ne sono stati a fare i riccioli alle bambole. Anche questa è cronaca.

Un altro esempio, piccolo ma proprio piccolo? De Luca aveva anche giustamente chiesto e preteso che alla Campania venissero restituite le dosi di vaccini sottratte dal criterio scriteriato di assegnazione in uso con la coppia Conte-Arcuri. Il commissario Figliuolo ha dovuto prendere atto della fondatezza di questa seconda rivendicazione: mercoledì ha dichiarato che agli inizi di maggio la Campania otterrà le 230mila dosi circa che mancano all’appello.

E allora, come la mettiamo con la spocchiosa Intellighenzia partenopea che, con ogni probabilità, se si candidasse prenderebbe fischi invece che voti? Giriamola a macchietta: coi tempi che corrono, con Salvini in agguato, il Pd e gli altri partiti del centrosinistra silenti o del tutto assenti, e tanti Professoroni perennemente in cattedra nonostante le “aule” vuote, meglio un Mastino “salernitano” a difendere il buon diritto della Campania che un esercito di gatti che miagolano, tutt’al più tossiscono, senza produrre altro che stucchevole esibizione d’accademia.

Ecco la differenza che passa tra forma e sostanza. O no?

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