Vuoi vedere come dopo il computer ti sistemo il clima! Parola di Bill Gates
– Di Michele De Masi –
Pubblicato in Italia, da due mesi, il nuovo libro di Bill Gates – Clima: Come Evitare un Disastro Climatico – Ed. La Nave di Teseo. Il celebre autore, fondatore di Microsoft e creatore, da alcuni anni insieme alla moglie, della fondazione filantropica “Bill e Melinda Gates”, nel suo libro riversa tutta una serie di ipotesi e relative soluzioni da realizzare, e in parte già realizzate, per quanto riguarda la salvaguardia dell’ambiente. In particolare l’obiettivo è rivolto a scongiurare quello che ormai sembra un irrefrenabile sconvolgimento climatico, offendo soluzioni per la riduzione dei principali gas responsabili dell’effetto serra.
Il traguardo principale, anche se può sembrare utopistico, è l’azzeramento completo delle emissioni di CO2 entro il 2050. Bill Gates analizza tutte le fonti energetiche che emettono anidride carbonica e ne propone di alternative, sottolineando l’importanza di due numeri: 51 miliardi di tonnellate (tanti sono i gas ad effetto serra immessi ogni anno nell’atmosfera) e zero, la risolutiva quota da raggiungere tra trent’anni.
La situazione
L’obiettivo non è affatto drastico perché, dichiara, non ci sono vie di mezzo. A questo proposito, fa una analogia molto efficace: il clima è come una vasca da bagno che si sta lentamente riempiendo. Anche se rallentiamo il flusso dell’acqua fino a farlo diventare uno sgocciolio, la vasca finirà per riempirsi e si riverserà sul pavimento. Così come per altre attività filantropiche, realizzate in questi anni, quali: istruzione, sanità e sviluppo nei territori più svantaggiati, l’autore, ottimista nato, è convinto della possibile risoluzione e si pone in prima persona come promotore del cambiamento. Una sua società, la Breakthrough Energy Ventures – un team di personalità di spicco nel campo socio finanziario come, Jeff Bezos, Jack Ma Yun, Mark Zuckerberg ed altri – ha già stanziato miliardi di dollari per investire in vari startup e settori di sviluppo sostenibile. La principale sfida è il passaggio progressivo dalla dipendenza del carbone e del petrolio, per quanto riguarda la produzione di energia, a quella delle energie alternative e rinnovabili. Tra queste non solo il solare e l’eolico, ma anche il nucleare “pulito” e attività di immagazzinamento del CO2. L’ impresa, certo non facile, coinvolge i vari settori dipendenti dall’utilizzo di energia: industrie, trasporti, edilizia, agricoltura, alimentazione. Fornisce un po’ di numeri per chiarire l’imponenza del problema. Un sistema mastodontico, quale quello dell’energia, interessa solo per l’industria una spesa da 5mila miliardi di dollari all’anno. Il consumo, limitandoci al petrolio, è di oltre 15 miliardi di litri giornalieri.
Il gas serra è causato, in percentuale: per il 31 % dalla produzione industriale, per il 27 dalla produzione di energia, mentre il 19 è in conto all’agricoltura, in gran parte conseguente alle deiezioni di animali negli allevamenti, poco meno del 16 per cento è assegnato ai trasporti e infine il 7 per cento alla climatizzazione.
L’aumento del CO2 negli ultimi decenni è stato di 1,5 -2 gradi centigradi e si ritiene che senza intervenire a contenerli aumenti fino a raddoppiarsi in altrettanti pochi decenni.
I rimedi
Passiamo adesso al ventaglio di possibili rimedi. Il successo dipende quasi interamente dalle “entità capaci di operare su scala globale: governi, associazioni no profit, aziende” indirizzate tutte verso lo sviluppo di energie alternative. Il problema è coinvolgere i leader mondiali ad accettare e adottare istruzioni e realtà pragmatiche per coniugare crescita economica e sostenibilità ambientale.
Si parte da qualcosa di impopolare – ma bisogna pur imporsi in maniera netta e decisa – ed è quella dell’adozione dei green premium. Ossia il sovrapprezzo che deriva dalla scelta di soluzioni ad emissioni zero rispetto a una tradizionale e inquinante. Il costo del petrolio, al momento, sovrasta di gran lunga, dal 300 al 600 % quello delle energie verdi. Nessuna società potrebbe permettersi di cambiare strategia trascurando questo differenziale. La soluzione di Gates, innervata di puro pragmatismo, si articola in più fasi. Occorre innanzitutto mobilitare il capitale per ridurre i green premium – col contributo anche di interventi governativi – per industrie quali ad es. acciaio e carburanti. Accettare investimenti rischiosi e dispendiosi, nel breve termine, ma produttivi sulla lunga distanza: le aziende investano in soluzioni innovative, e più lo faranno insieme, più diminuiranno i rischi singoli, e più forte sarà il segnale lanciato al resto del mercato. In pratica creare un circolo virtuoso. Poi passare alla scelta dei prodotti. Un’azienda di autotrasporti, può optare per una “flotta” elettrica, e maggiore sarà la domanda, maggiore la spinta del mercato in quella direzione e di conseguenza la riduzione dei costi. Una pratica, per esempio, che si sta diffondendo negli Stati Uniti è di “bilanciare” l’inquinamento prodotto viaggiando in aereo, comprando carburante verde insieme al biglietto: si crea in questo modo, un ritorno di domanda per quest’ultimo.
Ci vuole coraggio, dice, e almeno inizialmente sarà costoso. Ma innescando questa serie di comportamenti virtuosi, la convenienza a scegliere il verde aumenterà seguendo le logiche di mercato.
Superfluo dire che in questa svolta è necessario il coinvolgimento di ognuno di noi nell’indirizzare sia le personali scelte verso l’utilizzo delle energie pulite e, al tempo stesso, sollecitare le necessarie pressioni verso le politiche della cosiddetta transizione energetica.
Per quanto riguarda l’agricoltura, si è cominciato a produrre un batterio, che è naturalmente presente nel terreno, che geneticamente modificato contribuisce a ridurre l’impegno di fertilizzanti azotati. Il batterio azotofissatore è già realizzato dalla Pivot Boi e utilizzato in molte coltivazioni di mais, frumento e riso. Da dire che i fertilizzanti all’azoto più comuni, liberano nell’aria un gas serra 300 volte più potente dell’anidride carbonica. Per gli allevamenti di bestiame si stanno sperimentando mangimi che modificano, con buona pace degli animalisti, il microbiota intestinale degli animali per avere una riduzione del 20% delle emissioni di metano ( il metano produce un effetto serra 25 volte superiore al CO2 ).
E agganciandoci a quest’ultimo argomento il buon Bill propone, e questa sì è una vera scommessa: eliminare del tutto gli allevamenti di bovini, almeno nei paesi ricchi, in un futuro più o meno prossimo.
L’alternativa sono le carni ricavate dai vegetali e soprattutto la carne coltivata, anche se per quest’ultima, almeno al momento, il procedimento risulta costoso e lascia come vedremo – per le modalità di produzione – un tantino perplessi .
Ci sono programmi di sviluppo di aziende come Impossible Foods e Beyond Meat, specializzate in carni sintetiche, che stanno accelerando le fasi di passaggio alla produzione in scala, e di conseguenza, stanno avvicinando il momento in cui il prezzo sarà paragonabile a quello delle carni di allevamento. Una startup della California, la Memphis Meats (investimento 161 milioni di dollari), coltiva la carne dalle cellule animali. Visitare il sito per credere: “produciamo carne nel senso più puro della parola, ingredienti semplici, condizioni pulite, impatto minimo”. Procedimento: “selezionare cellule animali in grado di auto-rinnovarsi e crescere fino a diventare carne… i micronutrienti più essenziali per la crescita e lo sviluppo delle cellule… le nostre cellule seguono il processo naturale per formare muscoli e tessuto connettivo…il tutto avviene in un macchinario chiamato “coltivatore”… durata dell’intero processo, 4-6 settimane”.
Gates, però è realista, si rende conto che simili procedimenti non potranno essere adottati, nell’immediato, dagli oltre 80 paesi poveri presenti nel mondo, “ma – dice – penso che il 100% di quelli ricchi dovrebbero farlo”.
C’è poi il capitolo delicato del nucleare. Soluzioni fondamentali ma non sufficienti al momento sono solare ed eolico. Bisognerà renderli più efficienti, il tutto andrà fatto con molta rapidità “nell’ordine di cinque o dieci volte più rapidamente, di quanto non stiamo facendo adesso”. Vanno cercate forme di accumulo e di utilizzo offshore tale da essere collegate alle reti elettriche in modo da trasferirle in tutto un paese.
C’è quindi il nucleare. Il progetto più interessante è quello di Terrapower (dello stesso Gates) che si occupa di creare reattori di ultima generazione, alimentati dall’uranio impoverito e dai residui della stessa fissione nucleare (ora in fase teorica, presente solo il prototipo) con enorme risparmio di energia. Il tutto sarebbe totalmente automatizzato eliminando così la possibilità di errore umano. Il sogno, poi, della “fusione nucleare” al momento si infrange nella difficoltà di innesco del processo di fusione che necessita di molta più energia per produrla di quanta se ne ricavi. Ma anche qui non è impossibile, “il principale progetto attualmente in costruzione, frutto della collaborazione tra sei paesi dell’Unione Europea, è un impianto sperimentale nella Francia meridionale noto come ITER. I lavori, cominciati nel 2010, sono ancora in corso. Si prevede che l’ITER sarà in grado di generare il primo plasma intorno al 2025 e un surplus di energia, dieci volte superiore a quella richiesta per il suo funzionamento, verso la fine del decennio successivo. Questo sarà il momento della verità”.
In ultimo – e questa personalmente è quella che trovo più simpatica perché equivale a una sorta di espiazione dell’attoreo – è la soluzione di recludere il malfattore CO2. Nel libro, Gates parla molto dell’importanza delle tecnologie di rimozione del biossido di carbonio come cattura diretta dall’aria. Tra i suoi investimenti fatti (l’ennesimo) il creatore di Microsoft annovera la Climeworks, una società svizzera che rimuove il CO2, con un procedimento chiamato Direct Air Captur, e la immagazzina permanentemente sottoterra. Al momento il costo di abbattimento è eccessivo – non inferiore a ai 200 $/tonCO2 – ma non si esclude che in futuro si riesca ad abbassarlo considerevolmente, come del resto è accaduto per le rinnovabili: dal 2009 ad oggi il prezzo dell’energia elettrica verde è diminuito del 90%.
Conclusioni
Mi rendo conto, a questo punto, di aver selezionato – per usare un linguaggio cinematografico – una serie di spoiler che, qualora questo libro fosse un film giallo, mortificherebbero qualunque curiosità nell’assistere alla visione; rilevando, tra l’altro, anche chi è l’assassino. Ma non è così: la mia è solo una “spulciatina”, non dà certo il senso compiuto di una puntuale lettura del testo. Il libro di Gates è vasto, dettagliato, scorrevole, oserei dire didattico, pervaso di positivo ottimismo; 400 pagine non si condensano facilmente in poche righe e vi confesso che non è stato facile selezionare gli spunti che ho ritenuto più significativi.
La Strada che Porta a Domani, era il titolo del primo libro di Gates che trent’anni fa celebrava la rivoluzione tecnologica di Internet. Allora scrisse: “A diciannove anni avevo già una mia visione del futuro: su quella visione ho costruito la mia carriera e, alla luce di quanto è poi accaduto, ho avuto ragione”.
Speriamo abbia ragione anche stavolta.
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