Poche (e semplici) riflessioni sul virus

Prima o poi questo maledetto Virus dovrà “rientrare nei ranghi” e concederci il ritorno alla normalità della vita. Una normalità, chiariamo, che non è il paradiso terrestre ma piuttosto – se vogliamo dirla tutta – un territorio di mezzo tra il purgatorio e l’inferno. A voler essere pignoli, perfino un po’ più verso l’inferno. Per dire, insomma, che di problemi seri ne abbiamo a sufficienza; e che proprio non c’era bisogno del Virus per complicarci l’esistenza.

Sarà grazie ai vaccini, all’immunità di gregge o ad una qualsiasi altra diavoleria, “lui” se ne andrà. Purtroppo, nel frattempo avrà fatto tanti altri morti. Anzi, diciamolo: su questo versante, il Virus ha vinto la battaglia che più lo gratifica. Sapete qual è? È la stessa della nostra più grande sconfitta: l’assuefazione collettiva rispetto al numero di morti che quotidianamente l’Unità di Crisi ci restituisce nel freddo, ancorché involontario, linguaggio burocratico.

Pensate che cosa mostruosa: ci siamo abituati alla realtà delle centinaia di vittime che questo maledetto Virus ogni giorno, senza saltarne nemmeno uno, continua a mietere. La nostra assuefazione non è cinismo. E nemmeno necessità di rimozione per “legittima difesa”: la difesa contro il rischio dell’impazzimento. L’origine e la fine della nostra assuefazione è la stanchezza. Magari senza più accorgercene, noi siamo stanchi di contare i morti, stanchi di reagire, di pensare. La grande vittoria del Virus su di noi è proprio nella condizione di stanchezza fisica e psicologica in cui ci ha ridotti.

Il Virus ha ottenuto ciò che voleva: indebolire le nostre forze fisiche e soprattutto quelle psicologiche. Perché “lui” sa che soltanto se noi smettiamo di “pensare”, oltre alle già tante battaglie a suo favore può vincere anche la guerra. Che significherebbe altri morti, altri danni sociali ed economici, tempi molto più lunghi per uscire dal tunnel.

Sono queste semplici, scontate considerazioni che mi disorientano nel contraddittorio – sempre più imbarazzante – tra le due scuole di “parole” (proprio non riesco a definirle di “pensiero”) di quanti vogliono riaprire l’Italia tutta e subito, e di quant’ altri son disposti a concedere lo sconto d’un dieci per cento sul tutto ma nemmeno un giorno sul subito.

Mi chiedo e vi chiedo: può considerarsi normale che mentre il bollettino di ieri venerdì 16 aprile – giornata addirittura generosa – contabilizzava 429 decessi e 15.943 contagi, l’attenzione della politica e dei media era tutta concentrata molto più sul calendario delle riaperture che non su quello delle vaccinazioni?

Si capisce la frenesia dell’aperitivo ai Navigli come a via Caracciolo, della partita vista allo stadio invece che in tivvù, degli abbracci e baci con amici ed amanti piuttosto che dei saluti in punta di gomito o di pugno. Si capiscono perfino Salvini e la Meloni, che devono politicamente capitalizzare al più presto, prima che sia troppo tardi, gli errori madornali dei “Conte” 1 e 2, ora speculando sulla stanchezza degli italiani, ora distribuendo dosi abbondanti di ottimismo e di illusioni.

Ciò che non si comprende è il progressivo cedimento del governo Draghi alla fretta di aprire sollecitata da categorie, certamente sofferenti, ma che nell’eventualità – facciamo scongiuri! – di un’altra ondata sarebbero irreparabilmente destinate a scomparire.

Oltre tutto, perché non affidarsi una volta tanto alla Sapienza degli scienziati invece che ai sondaggi elettorali? Da quel che si legge, la stragrande maggioranza di virologi, infettivologi, epidemiologici e competenti a vario titolo, ancora ieri avvertivano sul rischio che nuove imprudenze, specie ora che ci stiamo avvicinando al traguardo, potrebbero mandare in fumo tutti i sacrifici fatti.

Ne vale la pena? Dobbiamo regalare un’altra vittoria al Virus? “Lui” gode da pazzi quando mettiamo il cervello in ammollo. Stavolta non gliela diamo vinta. Non facciamo assopire il Pensiero. Restiamo svegli e vigili, Ragazzi!

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