Vot’Antonia, Vot’Antonia, dico “Antonia”
Una doverosa premessa a scanso di equivoci. Marco De Marco non ha bisogno di presentazioni. Facendo mio un giudizio largamente condiviso, mi limito dunque a dire che è un giornalista di ottima razza, un modello di riferimento della Scuola napoletana, un professionista di grande spessore culturale che ha al suo attivo una carriera decisamente “vergin di servo encomio e di codardo oltraggio”: virtù non proprio diffusissima in questo mestiere.
Tanto doverosamente premesso, veniamo al dunque. Nel suo commento di ieri, l’editorialista del Corriere Della Sera – da sempre anti-deluchiano convinto e coerente – ha strapazzato il presidente della Campania, come del resto fa il “Corrierone” con la puntualità di un orologio svizzero quando se ne presenti l’occasione.
Stavolta lo spunto è stato fornito dallo scontro istituzionale sui criteri di priorità nelle vaccinazioni (e dosi di vaccini assegnati alla Campania) tra il commissario Covid, generale Figliuolo, e il presidente della Regione, De Luca. Una tesi non universalmente condivisibile, quella di De Marco, ma senza ombra di dubbio motivata, chiara, onesta, e più che giusta dal punto di vista dell’autore.
La sola cosa che lascia perplessi – o almeno lascia perplesso il sottoscritto – è la chiusura del commento firmato da De Marco. Chiusura che egli affida ad un velenoso post su Facebook della primogenita di Ciriaco De Mita, la giornalista Antonia, così facendola apparire affidabile testimonial della sua posizione assunta contro De Luca.
Il post della De Mita, riferito al presidente della Campania, ha il pregio della chiarezza: “Mandiamolo a casa, altri quattro anni così di pandemia sono ingestibili”. Altrettanto chiaro è il contesto in cui De Marco lo inserisce. Egli lo fa precedere, infatti, dalla seguente affermazione: “… Ma De Luca si sta isolando anche da solo. Su Facebook, Antonia De Mita, figlia di Ciriaco, suo grande alleato, parla di lui in questi termini: “Mandiamolo a casa…”.
Ora, al di là del merito dello scontro istituzionale tra il commissario e il governatore – una querelle le cui cause scatenanti andrebbero lette e interpretate in maniera meno superficiale – lascia perplessi la scelta di individuare nel post di Antonia De Mita un testimone attendibile dell’auto-isolamento di De Luca. Perché, detta in soldoni, allo stato delle cose non c’è alcuna evidenza che la primogenita di Ciriaco abbia ereditato dal padre finezza, esperienza, cultura, spessore ed autorevolezza politica, men che meno una quota di consenso elettorale appena apprezzabile contando i voti sulle dita di una mano sola: ovvero la cifra necessaria e sufficiente per legittimare il giudizio di declino della popolarità del presidente della Campania.
Di converso, non è un mistero che Antonia De Mita ambiva a un posto nella giunta del De Luca 2 e non se ne fece niente. Personalmente stento a credere che possa esser nato da questa circostanza il distillato di veleno e livore nel “brindisi” alla presunta precaria salute politica del governatore. Tuttavia, vorrei dire a De Marco, forse vale la pena prendere un po’ meno sul serio ciò che passa il convento. Magari può essere più salutare, ogni tanto, riderci su. Ad esempio, parafrasando Totò, con un invito agli elettori campani oggi per domani: a casa De Luca e “Vot’Antonia Vot’Antonia Vot’Antonia…”
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