A proposito della Dogana e di Fuksas

È paradossale: una volta tanto che il sindaco di Avellino ne fa una buona – circostanza, invero, più unica che rara – gli danno addosso come iene stuprate dicendo e scrivendo che ne ha fatta un’altra sbagliata, ha calpestato le regole della trasparenza, ha bypassato giunta e consiglio comunale, ha fatto show. Pensate, c’è perfino chi si spinge oltre e gli manda “avvertimenti” in latino, scomodando Cicerone, giusto per dare un assaggio della propria valenza culturale: “Quousque tandem abutere, ‘Gianluchino’, patientia nostra?”.

La cosa buona fatta dal sindaco del capoluogo – senza ironia, cosa più unica che rara – è l’incarico a Massimiliano Fuksas per il recupero della Dogana, ossia del monumento cittadino la cui facciata porta la firma di Cosimo Fanzago. Sono trascorsi circa cinque secoli da quando i Caracciolo “regalarono” ad Avellino l’opera dell’architetto e scultore di Clusone, ed è chiaramente improponibile ogni paragone tra l’Archistar di allora e quello di oggi, come maliziosamente si spettegola tra gli intellettuali avellinesi con la puzza eterna sotto il naso. Diciamo pure, e non solo per accontentarli, che Fanzago è nella storia, Fuksas si vedrà. È indubitabile, tuttavia, che la scelta del sindaco è tra le più prestigiose che si potessero fare nel panorama internazionale. Magari si potrebbe aggiungere, con margine ristrettissimo di errore, che come i Caracciolo scelsero per la Dogana nel meglio di allora, così il Signor Sindaco, per mania di grandezza, non ha voluto esser di meno oggi. Ma cosa cambia nella sostanza? Niente, assolutamente niente.

D’altra parte, a riconoscere che il nome dell’Archistar non si discute sono gli stessi oppositori del sindaco dentro e fuori il consiglio comunale: un coro di approvazione – al netto dell’Ordine degli Architetti, e si capisce – però con tanti se ed altrettanti ma.
“Il sindaco non ha seguito procedure trasparenti”, dicono. Vero: ma dov’è la novità? È per caso un inedito che il Nostro confonda i poteri del Primo Cittadino con quelli del Podestà? Si può agevolmente convenire che questo metodo è nella prassi dello stile istituzionale del sindaco, e che a consentirglielo sono innanzitutto i suoi assessori e i consiglieri della sua maggioranza.

Vale ricordare, comunque, che i Podestà non facevano per definizione cose sbagliate. Nel caso della scelta di Fuksas, il Sindaco-Podestà di Avellino ha fatto una cosa azzeccata: assai discutibile nella forma, ma ineccepibile nella sostanza. Che si vuole fare ora: ricominciare daccapo, seguire le procedure per poi giungere da qui a sei mesi-un anno allo stesso risultato, ed aver perso intanto sei mesi-un anno per ritrovarsi, con ogni probabilità, di fronte ad un ripensamento di Fuksas?

La decisione è di “convenienza”. Conviene sfidare il rischio, non solo del tempo, quant’anche e soprattutto di non avere più la disponibilità di quel nome e a quel prezzo? Non assume il sapore della retorica inconcludente parlare ancora per mesi del vergognoso abbandono della Dogana e perdersi intanto nei dispettucci strapaesani che stanno goffamente caratterizzando questa vicenda?

Fa bene il Professor Franco Festa, grande e costante animatore del Comitato per la Dogana, a sollevare interrogativi di merito sul percorso che vorrà seguire Fuksas. Fa benissimo ad invocare la necessità di un preventivo confronto “tecnico-storico” con l’Archistar per ragionare insieme su alcune ineludibili questioni di principio. Altro, però, sono i macigni che da qualche parte vengono disseminati per rallentare un percorso già definito e di fatto immutabile.

Fuksas ha dato la sua piena disponibilità a dialogare da subito con la città nelle sue espressioni culturalmente più significative. Non si perda tempo, dunque. Così come una volta tanto il sindaco ne ha fatta una buona, anche tutti gli altri, una volta tanto, pensino alla città rinunciando un po’ a se stessi.

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