AstraZeneca? Ostregheta!
Abbiamo espresso più volte la nostra opinione sulla comunicazione scientifica e su quella politica annessa e connessa in questo primo anno di pandemia: sia l’una che l’altra, salvo rarissime eccezioni, hanno fatto acqua da tutte le parti. Il giudizio non è tecnico, anche perché non spetterebbe ai giornalisti, ma squisitamente cronachistico: in questo caso, ne abbiamo facoltà, senza trascurare il dettaglio che i cronisti appartengono alla specie umana e possono, a loro volta, sbagliare.
In questo caso, invero, il margine di errore è decisamente trascurabile. Le cronache, infatti, restituiscono un profilo di costante contraddizione dei comunicatori scientifici e politici. E l’aspetto più grave – ancorché niente affatto sorprendente dopo un anno di esercitazione all’ascolto di balle – è che i Nostri non dicono soltanto il contrario di ciò che avevano sostenuto dodici, undici, dieci mesi fa, circostanza che potrebbe anche passare considerata l’evoluzione delle conoscenze in materia. No, no. L’aspetto più grave è che le contraddizioni, il tutto e il contrario di tutto, hanno riferimenti temporali di tre, due settimane, se non proprio di un giorno o addirittura di mattina e sera della stessa giornata. Insomma, per non farla lunga, nella produzione dei suoi effetti collaterali sulla psiche della gente comune, il Virus trova nei comunicatori scientifici e politici i migliori, seppure involontari, alleati.
Prendete il caso AstraZeneca come esempio cronachisticamente più vicino e lampante. E mettiamo da parte la complessa problematica delle reazioni avverse letali, per le quali peraltro oggi l’Ema conferma le anticipazioni del mondo scientifico, ossia che non c’è alcuna evidenza di nesso causale tra vaccino ed effetto negativo estremo. Assumiamo ad esempio, dunque, l’altra contraddizione di questo caso: il vaccino AstraZeneca è un farmaco che “deve” essere somministrato ai soggetti fino a 55 anni di età e non oltre, indicazione affermata fino a un mese fa, per poi diventare un po’ più benevola dieci giorni dopo con il limite spostato a 65 anni. Passano altri dieci giorni ed eccoti la novità: quel farmaco può essere somministrato indifferentemente anche a persone di 79 anni, condizione che con la medesima disinvoltura sarebbe stata estesa agli over 80 e 90, e magari perfino agli ultracentenari, se non fossero già stati tutti vaccinati o “rigorosamente” prenotati con prodotti di diversa composizione e di diversa casa farmaceutica.
Adesso provate a mettervi nei panni di un qualsiasi poverocristo che ha la memoria non del tutto offuscata, che è sufficientemente attrezzato per comprendere la lingua italiana senza inciampare nella grammatica elementare, e che ha sufficiente capacità di discernimento critico. Mettetevi in quei panni, fatevi la domanda più scontata di questo mondo, come piacerebbe all’amico Marzullo, e datevi l’unica risposta possibile a lume del minimo sindacale di ragione. La domanda è: cosa può essere mai miracolosamente cambiato nel giro di un mese se un vaccino “vietato” agli ultracinquantacinquenni all’improvviso diventa idoneo e consigliato per tutte le età, perfino per l’età tendente all’infinito? La risposta ovvia, che non sorprenderebbe nemmeno l’amico Marzullo, è la seguente: ci hanno preso per i fondelli, poco conta se lo hanno fatto un mese o dieci giorni fa.
Restateci ancora per pochi secondi nei panni di quel poverocristo già abbondantemente afflitto da un anno di ansie, dubbi, misure restrittive, speranze nate e subito inaridite dalla seconda e terza “ondata” di questo maledetto Virus. Restateci per qualche secondo in quei panni, e subito dopo giurate di non sentirvi confusi, impotenti, disillusi: sconfitti, non dal Virus, ma da chi avrebbe dovuto dirvi parole chiare, e invece non l’ha fatto, non rileva se per incapacità o per malafede.
Nei talk show televisivi – dove stucchevolmente girano da un anno sempre le stesse facce – in questi giorni si sta gareggiando a chi è più bravo nel gioco della persuasione. Il problema è che vogliono persuaderci d’una cosa di cui abbiamo già infinita contezza, e cioè che i vantaggi del vaccino sono immensamente superiori ai rischi che corriamo se non ci vacciniamo. Sicché delle due l’una: o lorsignori sono convinti di parlare ad una sottospecie umana marchiata dall’idiozia, oppure non hanno argomenti e la buttano lì “a come va, va”. Nessuno che spieghi l’arcano AstraZeneca, nemmeno – si fa per dire – con un “Ostregheta!”.
Niente. Perciò, andiamo avanti. Facciamo finta che sia tutto un gioco – ahinoi – nemmeno nobilitato dalle stimmate dell’Amore per la Vita. Ecco: giochiamo a Mosca Cieca”. Oggi – giovedì 18 marzo per chi legge in prima battuta – l’Ema comunicherà Urbi et Orbi che tutto il chiasso su AstraZeneca è stato uno scherzo ritardato di Carnevale. E che domani è un altro giorno. Voilà!
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