Aste giudiziarie: Manlio Di Benedetto ritorna in libertà, Forte resta in carcere
La Cassazione ha accolto il ricorso dell'agente immobiliare, che era agli arresti domiciliari. Attesa ancora la decisione sul ricorso di Damiano Genovese

E’ arrivato il primo verdetto della Cassazione in merito ai ricorsi avanzati degli indagati nell’inchiesta “Aste Ok” sulle misure cautelari: l’agente immobiliare, che era ai domiciliari, ritorna in libertà. Non è ancora stata notificata invece la decisione in merito al ricorso di Damiano Genovese, respinto invece quello Modestino Forte, che dunque in carcere. Anche Armando Aprile ha presentato ricorso che verrà discusso invece il prossimo 24 aprile.
In particolare la Seconda Sezione Penale della Corte di Cassazione ha annullato senza rinvio l’ordinanza cautelare emessa dal GIP di Napoli su richiesta della Direzione Antimafia P.M. Woodcock con riferimento all’indagato Manlio Di Benedetto.
L’uomo era accusato di due episodi di turbativa d’asta e di una estorsione, il tutto per facilitare il neo costituito clan dei Galdieri e dei Forte.
Già a seguito delle indagini difensive la difesa di Di Benedetto era riuscita ad ottenere nel medesimo mese novembre 2020 l’annullamento della ordinanza con riferimento ad una turbativa d’asta, e successivamente a far dichiarare l’inefficacia della misura con riferimento ad una altra turbativa.
Proposto ricorso per Cassazione il difensore di Di Benedetto, il penalista irpino Danilo Iacobacci, è riuscito a fare annullare in toto l’ordinanza cautelare con riferimento alla posizione del giovane agente immobiliare; la Cassazione ha accolto la tesi della difesa sulla radicale assenza dei gravi indizi per tutti i reati contestati al suo assistito, disponendo l’immediata liberazione dell’uomo, che nel frattempo era stato anche autorizzato dal GIP napoletano a lavorare durante il giorno.
La difesa ha eccepito innanzi alla Corte la violazione delle norme del codice penale che disciplinano i reati di turbativa d’asta ed estorsione nonché l’assenza di indizi gravi e l’essere la motivazione della ordinanza mancante, illogica e contraddittoria, il tutto nell’ambito di un più generale travisamento del fatto e della prova.
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