L’ossigeno: una scoperta vitale
– Michele De Masi –
“OOOOOOOO” Chiamerai il mio nome
Non ho memoria, e non potrebbe essere altrimenti, di quel perentorio schiaffone che sicuramente mi avrà assestato – tenendomi per i piedi – tra le spalle la levatrice, al momento della mia nascita. Quel primo vagito deve essere stato tra i più emozionanti della mia vita, e sicuramente, della vita del testimone principe della nascita di ciascuno di noi: la propria madre.
Il riferimento è al primo respiro, alla iniziale presa a pieni polmoni, di una salutare boccata d’aria.
Del resto la stessa che avranno potuto assaporare nuovamente, tutti quei reduci dal contagio Covid 19 di questo maledetto ultimo anno, una volta usciti redivivi dall’ospedale. Dove hanno combattuto, insieme ai medici e personale ospedaliero, per far sì che i polmoni se ne potessero approvvigionare di nuovo, liberamente.
Penso si sia capito che voglio parlare del vero soffio vitale della quasi totalità delle forme di vita sulla Terra: l’ossigeno.
Da alchimisti a chimici
L’ossigeno: il numero 8 della Tavola Periodica degli elementi chimici. L’elemento più diffuso sulla crosta terrestre dove entra nella composizione della maggior parte delle sostanze organiche e inorganiche. E questo perché soffre di solitudine, chimicamente parlando. È portato a formare legami e perciò composti, a volte anche abbastanza calorosi: il matrimonio con l’idrogeno è addirittura esplosivo, e tutto per comporre l’acqua. A noi però interessa quello assoluto legato con se stesso a formare coppie: la molecola di O2”. Essenziale per la respirazione polmonare e cellulare, è presente nell’aria non in maniera eccessiva: solo il 21% ma ampiamente bastante; il resto è in massima parte azoto, gas ininfluente nella respirazione.
Fino a tutto il 1700 l’aria era considerata da filosofi e alchimisti priva di una realtà intrinseca. Favoriva la fiamma durante la combustione secondo un “principio del fuoco” chiamato flogisto. L’aria flogisticata era quella dove era avvenuta una combustione mentre l’aria deflogisticata era quella con il “potenziale” della combustione. Fu necessario, prossimi alla Rivoluzione Francese, che tre studiosi: un farmacista svedese Carl Scheele, un chimico inglese Joseph Priestley e il più noto tra i tre: il chimico francese Antoine Lavoisier si incontrassero insieme, a casa di quest’ultimo perché – attraverso esperienze di tipo quantitativo oltre che qualitativo – arrivassero alla scoperta dell’elemento chimico che ricopriva la funzione del flogisto, cioè l’ossigeno. Lavoisier era il facoltoso dei tre – era l’esattore del re – possedeva strumentazioni sofisticate per l’epoca e pertanto le sperimentazioni potevano essere svolte al meglio, nel suo laboratorio. Si parlava di una bilancia per misurare variazioni di massa di 1/400000. Grazie ai suoi studi analitici, la chimica si affrancava definitivamente dalle congetture degli alchimisti per acquistare vera dignità di scienza. Membro dell’Accademia delle Scienze francese è ricordato, negli studi scolastici per la sua legge sulla conservazione della massa (in una reazione chimica la somma delle masse dei reagenti è esattamente uguale alla somma delle masse dei prodotti) e per aver scoperto un discreto numero di elementi chimici.
Tra esplosioni controllate e ghigliottine
Lavoisier applicò il suo talento nelle misurazioni alle reazioni di combustione, scoprendo che i diamanti, lo zolfo e il fosforo, quando venivano bruciati, a contatto con l’aria, acquistavano tutti peso (mettendo in conto anche i gas prodotti). Lo stesso fenomeno si verificava – su scala temporale più lenta – con la corrosione dei metalli, osservando come il rame e il ferro si trasformassero in verderame e ruggine e ne studiò il guadagno in termini di peso. L’acquisizione dell’elemento chimico, nella reazione di queste sostanze, era l’ossigeno dell’aria.
Lo chiamò ossigeno (generatore di acidi) perché erroneamente riteneva che entrasse nella reazione di tutte le sostanze acide.
La sua fama scientifica però non bastò a salvarlo dalla ghigliottina. La colpa: le simpatie per l’Ancien Régime. Eppure, da mente illuminata, di fronte all’invito di Luigi XVI che gli chiedeva di diventare ministro delle Finanze aveva risposto con un secco no, dichiarando che “l’ideale dell’equilibrio” tipico della chimica non potesse essere trasferito in politica e quanto meno all’economia.
“Ci è voluto solo un istante perché gli staccassero la testa, ma la Francia non ne avrà una così neanche tra un secolo” commentò alla sua morte il matematico Lagrange.
Henry Cavendish, ricco ed eccentrico studioso inglese, anni prima, aveva scoperto l’idrogeno (generatore di acqua) chiamandolo così non a caso. Si divertiva nel suo laboratorio di Londra a far reagire questo gas con l’aria. Il loro contatto provocava una veloce esplosione e il prodotto finale era un liquido di condensa: l’acqua. Lavoisier si servì della stessa esperienza dello scienziato inglese per arrivare ad una conclusione di tipo analitico che avvalorava la sua legge. In un happening di chimica organizzato presso la sua scuola e che chiamò “Explo ’76” servendosi di una ampolla di vetro – che ora è conservata al Musée des Arts et Métiers di Parigi – introdusse nella giusta proporzione di due a uno, i gas di idrogeno e ossigeno e usando una candela accesa fissata all’estremità di un lungo bastone ne determinò lo scoppio. Sul fondo dell’ampolla si depositarono alcuni grammi d’acqua.
Questa esperienza conquistò talmente il pubblico presente che venne replicata, come la scena di uno spettacolo teatrale, per circa venti anni; talché per evitare pericolosi incendi, i servizi di emergenza spostarono lo scenario dell’esperimento dall’aula magna della scuola ad una vecchia e prosciugata piscina.
L’ossigeno da terapia a fenomeno di costume
Come ogni nuova scoperta, all’ossigeno – al quale già si riconosceva anche senza averlo individuato chimicamente il valore importante che aveva nel ruolo della vita – una volta prodotto, si cominciò ad assegnare anche un utilizzo terapeutico. Si cominciò a produrlo con facilità riscaldando il salnitro e si pensò di usarlo per curare ogni sorta di malanno. Nell’800 veniva considerato come qualcosa che generasse una piacevole sensazione di “calore” nei polmoni e negli arti. Verso la fine del secolo cominciò a svilupparsi l’ossigenoterapia per dare sollievo nel caso di malattie respiratorie come la tisi anche se il benessere durava solo per il tempo di somministrazione del gas.
Il trattamento acquistò rispettabilità medica quando il fisiologo inglese John Scott Haldane dimostrò i suoi benefici sui soldati colpiti dagli effetti nocivi dei gas velenosi durante la I° Guerra Mondiale. Il suo più grande contributo scientifico fu la scoperta dell’emoglobina nella regolazione della respirazione, introdusse la pratica della decompressione per i sommozzatori e l’eredità del suo lavoro è oggi visibile in strumenti ormai familiari in campo medico, come la tenda e la maschera per l’ossigeno.
Arrivando ai giorni nostri, in forza delle proprietà salutari e detergenti di questo gas sono stati messi in vendita, negli anni, tutti una serie di prodotti commerciali come il sapone Oxydol o i sali da bagno Radox (termine usato come contrazione della frase, non molto sensata perché oltretutto non vera, di “radiates oxygen” ovvero “irradia ossigeno”). Oggi resiste ancora la fama delle proprietà corroboranti dell’ossigeno, attraverso la moda degli “oxygen bar” sviluppata prima a Las Vegas e poi a Tokyo, Nuova Delhi e Pechino. Un ritrovo dove gli avventori possono, dietro pagamento, è chiaro, respirare qualche boccata di aria “più pura”.
La luce che arde col doppio di splendore dura la metà del tempo – Blade Runner
Negli anni, d’altro canto, si è diffusa anche la tendenza a mettere in rilievo gli aspetti nocivi dell’ossigeno. Già Priestley nel 1776 aveva osservato che nell’ossigeno i topi crescevano vigorosi e le candele bruciavano più in fretta. Il poeta Erasmus Darwin scriveva “ l’ossigeno è la pura essenza dell’aria, nutre le piante e alimenta i corpi pulsanti degli animali ma ne provoca anche una lenta combustione”.
L’ossidazione, in parole semplici la reazione dell’ossigeno con qualunque altra sostanza del mondo animato o inanimato accompagna la marcia del tempo ed è l’inevitabile trionfo dell’entropia. La capacità cioè di far evolvere, nel caso dell’organismo umano, l’energia vitale prodotta da un livello più alto (bassa entropia) ad uno più basso (alta entropia) dove se la velocità di trasferimento è maggiore fatalmente si riduce il tempo.
Parte dei danni provocati all’organismo sono causati dalle sostanze chimiche reattive prodotte come composti intermedi durante la normale respirazione, come può avvenire con sostanze tossiche presenti nell’atmosfera dovute all’inquinamento. Non le molecole di ossigeno in sé, ma quelle molecole chimiche contenenti atomi di ossigeno spaiati che sono noti col nome di radicali liberi che si ritrovano, per esempio, anche in alcuni prodotti consumati con l’alimentazione. Queste sono in grado di provocare una lenta ma inesorabile piccola o grande devastazione chimica che accelera l’entropia.
Uno dei parametri più significativi per misurare l’invecchiamento consiste nel valutare il grado di danni subiti dalle cellule a causa di questa ossidazione, l’equivalente scientifico del contare le zampe di gallina e le macchie di fegato.
La stessa intera società civile che oggi voglia sperare in una più longeva e al tempo stesso positiva qualità di vita dovrà fare i conti, insieme alle problematiche contingenti – cambiamento climatico, inquinamento e non ultimo le pandemie – anche con quella di organizzare una resistenza più efficace contro l’ossidazione.
E terminiamo con una poesia
Un verso già l’ho riportato all’inizio, è del poeta contemporaneo Roger McGough, il titolo: Ossigeno.
Le otto O sono un omaggio all’elemento chimico.
Costituiscono una lunga esclamazione, sostituendo con la lettera del suo simbolo le lettere del suo nome.
Sono l’aria stessa
Che respiri.
Il tuo primo
E ultimo respiro.
Ti ho dato il benvenuto
Alla nascita.
Ti darò
L’addio
Alla Morte
Sono il bacio della vita,
Il suo flusso e riflusso.
Col tuo ultimo rantolo
Chiamerai il mio nome:
“OOOOOOOO”
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