La “variante inglese” che fa tremare la Campania
Negli ultimi giorni ci siamo chiesti un po’ tutti perché, da un paio di settimane, l’indice di diffusione del Virus in Campania fosse 3-4 punti al di sopra della media nazionale. La risposta è arrivata indirettamente dalla nota stampa dell’Unità di crisi regionale. Il motivo è la cosiddetta “variante inglese”. La quale – stando allo studio epidemiologico condotto dall’Istituto Zooprofilattico, dal Cotugno e da Tigem – è presente in un contagiato su quattro della nostra regione. Si tratta, cioè, del 25 per cento, un’incidenza decisamente alta e che – secondo le previsioni degli esperti – è destinata a salire molto presto, fino a diventare la variante prevalente in Campania e nel resto del Paese.
Ha fatto bene l’Unità di crisi a darne immediata comunicazione e ad avvertire che è quanto mai necessario alzare il più possibile la guardia. Magari qualcuno dirà che si sta facendo allarmismo, che è il solito De Luca a gridare “Al lupo”, giusto per mantenere la scena e poi accreditarsi il miracolo della Campania “Covid free”. Non date retta a certi giullari del negazionismo part-time: la verità è che siamo di nuovo messi molto male, qui e altrove in Italia e non solo; e che siamo chiamati ad un sacrificio forse addirittura maggiore di quello già fatto da quando il maledetto Virus è comparso.
L’altra sera, ospite di Fazio a “Che tempo che fa”, il Professor Walter Ricciardi, consigliere del ministro della Salute e scienziato di sicuro spessore e rigore, ha rilanciato – come sapete – la necessità di un lockdown totale, ancorché limitato a massimo quattro settimane, per ottenere una tregua dal Virus ed avere il tempo, da un lato, di tornare a testare e tracciare il contagio; dall’altro, di rifornirci della quantità di siero sufficiente per la vaccinazione di massa.
Ma ha detto anche altro, Ricciardi. Ha detto, in buona sostanza, che ci è stata sin qui comunicata dalla politica una verità sul Covid molto approssimata per difetto. In altre parole, ci è stata fornita una versione edulcorata della verità. È stato fatto, aggiungiamo noi, per tentare di salvare capre e cavoli, ossia salute ed economia. Per carità, diciamo pure che tutto è stato concepito in buona fede e a fin di bene. Tuttavia, se siamo tornati al punto in cui eravamo un anno fa, e forse peggio, non c’è alibi che regga: con il più sincero rispetto per buona fede e per ottime intenzioni di chi ha guidato la barca, bisogna prendere atto che la strategia è stata sbagliata e deve essere radicalmente e immediatamente cambiata. Senza impancar processi ed emettere sentenze nei confronti di chicchessia. Non è utile, servirebbe soltanto a perder tempo, e mai come ora il tempo è preziosissimo: per assumere decisioni, agire, fare ciò che avremmo dovuto già fare ma ci siamo distratti in chiacchiere e non lo abbiamo fatto.
Annotazione conclusiva e doverosa (verso la verità). Forse bisognerà pretendere che protagonisti e comparse di varia umanità – politici di prima e seconda fila, sindaci giullari, giornalisti “controcorrente” ovvero asserviti al correntismo partitico, e perfino qualche giudice Tar – si cospargano il capo di cenere davanti a De Luca. Le cronache degli ultimi mesi sono piene di improperi all’indirizzo dello Sceriffo: allarmista, catastrofista, teatrante, istrione e bla bla bla, oltre a qualche sentenza straripante ideologia e livore. Tutto ciò perché, con cognizione di causa, egli ragionava, analizzava, avvertiva, decideva. A distanza di tempo i fatti gli stanno rendendo giustizia ancora una volta: sul rigore, sui lanciafiamme, sulla movida, sugli assembramenti, sul lockdown, sulla scuola. Ci voleva la “variante inglese” per dare la sveglia al sonno della ragione. Ma tant’è: meglio tardi che mai.
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