Storie di gente comune al tempo del Covid – 5 / MIlano e Michele
– di Anna Carmen Lo Calzo –
Milano sta resistendo alla pandemia con tutto il suo vigore, ma il Covid lavora di fino e sembra non voler smettere di erodere il tessuto economico, finanziario e sociale che era fatto di dinamismo, di idee, di contaminazioni.
Ho ritrovato Michele, un amico pubblicitario che non vedevo da tempo, e con lui ho condiviso un caffè in Piazza Duomo in una giornata di prematuro sole primaverile. Essendo all’aperto, siamo riusciti a toglierci le maschere e ad illuderci di esserci risvegliati nel passato, quando tutto doveva ancora succedere. Michele è un uomo dalle “spalle larghe”, una carriera solida, una grande passione per il lavoro e un indiscusso talento creativo. Negli anni ha coinvolto tante persone che hanno contribuito al suo successo e che lo hanno sostenuto in battaglie importanti. A queste persone oggi Michele deve tutto. Nonostante la crisi, non ha lasciato indietro nessuno. Non ha mai chiesto ai suoi collaboratori di rimanere in smart working, se non lo volevano. Li ha messi tutti in sicurezza nei loro uffici adottando rigide norme di sanificazione quotidiana e di distanziamento. Ha addirittura noleggiato delle auto per coloro che non avevano la possibilità di recarsi al lavoro in autonomia, allo scopo di evitare che rischiassero di contagiarsi sui mezzi pubblici.
Michele mi ha spiegato che la sua agenzia non si è mai fermata. Dopo la violenta sospensione del primo lockdown, lui e i suoi collaboratori hanno preso una decisione: vietato parlare di passato, vietato rimpiangere il passato, vietato non rispettare le regole anti Covid, ma assolutamente obbligatorio pensare al Futuro. Sì, al futuro con la F maiuscola! Ciascuno di loro, nonostante la sospensione, non ha mai smesso di rimanere in contatto con clienti, fornitori e con tutta l’immensa rete di relazioni curate da anni e sempre gestite nell’ottica dello scambio e della crescita. Mentre sorseggia il suo caffè, Michele mi parla a ruota libera con lo sguardo deciso: “Questa città, nella quale sono arrivato quando ero un giovane studente, non può mollare. Siamo tutti frustrati, prigionieri di un mostro invisibile che ci vuole annientare nel corpo e nello spirito, ma la città si sta organizzando per ripartire, credimi. A Milano, prima del Covid, ogni luogo di ritrovo e di svago poteva essere l’occasione di un incontro importante, a volte addirittura decisivo, per la nascita di un business. Milano è sia la casa sia la foresteria di coloro che hanno intuizioni, sogni, speranze e prima del virus non c’era limite di tempo e di spazio per la condivisione. Qui le intenzioni e le intuizioni si concretizzavano proprio grazie allo scambio continuo, alla fusione tra persone, pensieri e azioni. Dobbiamo assolutamente trovare la formula per ripartire”.
Milano combatte il virus, ma combatte anche per non tornare come prima. Sembra un paradosso, ma Michele ne è convinto: “Milano non tornerà come prima perché sarà meglio di prima! Prevedo una rinascita fatta di iniziative di spessore culturale, sociale, ambientale che daranno vita a nuovi business e a nuovi spazi di azione. C’è fermento, non ci basta più essere la “Milano da bere”. Siamo selettivi, ma allo stesso tempo inclusivi, e Milano deve tornare a superare sé stessa”.
Grazie Michele, oltre al calore del sole sulle spalle durante questo caffè inaspettato, ho percepito il fervore di una città in movimento. Una bella sfida quella di una Milano nuova, diversa, insaziabile. Auguriamoci che Michele, uomo del Sud, sia il simbolo di questo slancio verso il nuovo, verso un futuro prospero nel quale tutto sarà meglio di prima. In questo momento delicato per la Nazione, Milano si prepari per dare l’ennesimo esempio al mondo che ci osserva.
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