Storie di gente comune al tempo del Covid – 4 / Aspettando San Valentino

– di Anna Carmen Lo Calzo –

Febbraio inizia con una folata di vento dolce che ci regala una ricorrenza tra le più festeggiate dell’anno: San Valentino. Da festa pagana nel mondo antico a festa religiosa e romantica nei secoli più vicini a noi, San Valentino è il giorno in cui i cuori si riscaldano, si rincorrono, si raccendono per ricordarci che l’amore e la passione sono nutrimento dell’anima, del corpo e dello spirito. E ci ricorda che è sempre bello ricevere un dono, recarsi a festeggiare la sera in un ristorante romantico, o soggiornare in una dimora d’atmosfera per estraniarsi dal resto del mondo con la persona amata. Quest’anno le cose non vanno come dovrebbero andare e il Santo protettore degli innamorati sta avendo qualche difficoltà ad intercettare entusiasmi, slanci e progetti di viaggi. Il virus sta ancora avendo la meglio su tutto ciò.

Durante un pomeriggio di cammino solitario per il centro della città, nell’affascinante quartiere di Brera, ho conosciuto una cordiale signora di mezza età che possiede un intrigante negozio di oggetti d’arte, design, alto artigianato, gioielli, lampade, tappeti, di varia provenienza e di varie epoche storiche. Si chiama Ester e sta aspettando San Valentino. A causa dei lockdown è stata costretta a liberarsi di molti pezzi per recuperare le finanze utili a coprire perdite e spese straordinarie sopravvenute a causa della pandemia. Alcuni clienti storici le hanno dato una mano acquistando i suoi oggetti a prezzi decisamente irripetibili, ma in generale l’anno del virus è stato funesto per la sua attività. Ester soffre di asma e di claustrofobia, odia i mezzi pubblici, aveva un’auto (che ha venduto a causa delle perdite economiche) e la pandemia le ha fatto due regali inaspettati: il coraggio di scendere in metropolitana e un fidanzato conosciuto in un convoglio una mattina in cui avrebbe preferito camminare sui carboni ardenti, piuttosto che scendere nell’oscuro regno dei pendolari della metropoli. Ester ha conosciuto Nadir incrociando i suoi profondi occhi medio orientali circa 6 mesi fa. Un colpo di fulmine mentale e fisico per entrambi, pochi secondi per capire che era destino. Un bell’uomo, vive in Italia da molti anni, è innamorato del vino Toscano e di Puccini. Ester lo racconta con lo sguardo languido e perso. Un uomo puro, onesto, generoso. Il virus non ce l’ha mai fatta a tenerlo a casa, ma l’ha tenuto nella tana del lupo perché lui è un cardiologo e non ha mai mollato. Ester ha perso tutto, ha visto infrangersi in pochi mesi un sogno costato coraggio, investimenti, viaggi, tutto sempre da sola. Di origine friulana, trasferitasi a Milano negli anni ’80, i suoi bellissimi occhi azzurri che contrastano con la mascherina nera, ammaliano mentre continua a raccontarmi di lui. E poi torna al contingente: “Le cose vanno talmente male che ho trasformato questo “bazaar” in un negozio di oggetti provenienti dai miei clienti che, a loro volta, sono in difficoltà. Sto aspettando un signore che a breve mi porterà in conto vendita una coppia di fermalibri del ‘700 comprati proprio da me qualche anno fa, per San Valentino. Erano per sua moglie, una collezionista di rara raffinatezza che purtroppo se ne è andata con il Covid.” Ester è in doppia attesa. Prenderà i fermalibri da tenere in conto vendita dalle mani del suo cliente, guardandolo con empatia per dargli coraggio. Prenderà una mano del suo compagno il giorno di San Valentino, forse anche un regalo. In quel momento penserà che un amore è come un fiore: può nascere anche tra le pietre se tra quelle pietre c’è lo spazio per accogliere il seme del coraggio, della follia, della speranza.

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