Il Rischio a scuola tra contagio e contatto

Ospitiamo volentieri la riflessione di Pellegrino Caruso, docente di Latino e Greco presso il Convitto Nazionale “Pietro Colletta” di Avellino”.

 

– di Pellegrino Caruso –

Il mondo della scuola è di attualità anche rispetto all’evoluzione della pandemia. Le ultime sentenze del Tar Campania hanno di fatto rimescolato le carte, stabilendo che sarebbero dovuti tornare in classe, dopo le quarte e le quinte della primaria anche i ragazzi della scuola secondaria di primo e secondo grado, per adeguamento della Campania alle disposizioni previste dall’ultimo DPCM. La sentenza arriva in un momento molto particolare in cui si registrano anche in provincia di Avellino i primi contagi nelle realtà scolastiche.

Ecco, le carte non si rimescolano quando la partita, purtroppo, è ancora in corso e mentre soprattutto stiamo vivendo momenti complicati che richiedono responsabilità comuni e una condivisione di problematiche che riguardano tutti.

Ci viene ancora una volta in aiuto l’etimologia: la scuola è “agio”, la scuola deve essere comunità, occasione di confronto perché la scuola, avvertì De Sanctis, è vita, luogo di relazione per eccellenza!

La scuola è “contatto” ed è innegabile, purtroppo, che il contatto diventa contagio!

Senza volere essere inutilmente pessimisti o tendere al lamento, va ricordato l’appello di Massimo Recalcati il quale, proprio in questi giorni, sta parlando di “postura morale” che è quell’atteggiamento che ci induce a conservare quel giusto entusiasmo, quell’energia morale che consente di restare al fianco dei ragazzi. Siamo tornati a scuola a settembre con tanti problemi ancora irrisolti.

Senza nulla togliere all’impegno profondo ed attento dei vari Dirigenti e dei loro staff, sicuramente nessuna scuola può essere sicura proprio perché è fatta di relazioni e c’è prossimità; se si insiste tanto con linee sanitarie che chiedono distanziamento sociale, uso delle mascherine, è evidente che ogni azione didattica in presenza non si può risolvere in spazi molto ristretti. Non si può pretendere che un insegnante davvero “presente” in una classe fisica non si muova da quello che dovrebbe essere il suo perimetro, al di fuori del quale un eventuale problema comporterebbe pure omissione di vigilanza!

Diventa importante semmai preservare quello che Roberto Vecchioni nelle sue “Lezioni di volo e di atterraggio” chiama proprio “spazio vitale”. È questa la vera dimensione affettivo-relazionale-culturale che dobbiamo pretendere per la nostra scuola! Gli insegnanti sono dei professionisti, degli intellettuali che non meritano di essere scaraventati nelle aule scolastiche.

Una lezione va programmata: chi è stato costretto a rientrare in classe sta dimostrando attaccamento alla professione, lo stesso impegno morale che sta accompagnando sin da marzo i docenti, senza dimenticare gli insegnanti delle scuole superiori che sono stati commissari di esami di stato, in presenza, più che discutibili anche per il contesto emotivo nel quale i ragazzi sono stati chiamati ad affrontare un momento sicuramente non facile. Occorre una linea di giudizio da parte degli stessi vertici ministeriali più coordinata.  Siamo coscienti di vivere una situazione inedita.

Bolle sul fuoco una minestra che scotta, con tanti problemi come ingredienti ed un solo chef, anche il più bravo, non basta!  Occorre almeno condire il tutto con il sale del buon senso! Alessandro Manzoni già scrisse che il buonsenso rischia di disperdersi, sopraffatto da quello che è il “senso comune”. Speriamo che la politica non sposi quest’ ultimo perché ogni decisione presa irresponsabilmente, sulla base di reazioni emotive e magari troppo forti in un senso o nell’altro, non conduce sicuramente alle migliori soluzioni.

Si deve ritornare a quell’ora di lezione che deve essere ora di ” presenza” dall’inizio alla fine, sempre e comunque, come si legge anche nel “Diario di scuola” di Daniel Pennac.

In Campania l’indice di contagio fortunatamente si è notevolmente abbassato, tramite distanziamenti sofferti delle festività natalizie che non vanno vanificati.

Occorre, comunque, prendere coscienza dell’allarme che viene lanciato dai responsabili dei pronto soccorso della Regione, che possono tendere al collasso e che, quindi, bisogna evitare di congestionare.

È necessario essere cauti, prudenti! La didattica a distanza ha anche potuto creare dei disagi in alcune realtà socio-culturali più sofferenti ma, dove il tessuto sociale è più saldo, con maturità, non solo i docenti ma anche gli studenti hanno reagito bene, proseguendo tutte le attività.

Quel che conta è restare accanto ai giovani, non lasciarli soli! È molto importante, secondo la letteratura internazionale, anche quello che si chiama il “commitment”, il coinvolgimento; gli insegnanti svolgono una relazione di aiuto e perché queste relazioni di aiuto possano essere adeguatamente svolte ci si deve muovere in condizioni di serenità.

È fondamentale sfogliare e far sfogliare “sudate carte” in libertà: è questo il vero segreto di un insegnamento che resti soprattutto “significativo”, che faccia avvertire la necessità di migliorarsi. In questo momento siamo, direbbe Seneca, tutti ” contubernales”, tutti sotto la stessa tenda, soggetti ad un bombardamento invisibile, ma reale di un virus che può alterare da un momento all’altro la vita di tutti noi.

Un pensiero va a tutti gli insegnanti, a tutto il personale che, purtroppo, è stato colpito, direttamente o indirettamente dall’emergenza. La Dad resta comunque una situazione emergenziale ma ora i docenti sono più bravi nell’utilizzo delle tecnologie ed i ragazzi sanno affiancare i loro docenti, capaci anche di condividere quei piccoli segreti del digitale. Giovani ed adulti ora hanno gli stessi strumenti, dinanzi ad una emergenza socio-sanitaria, inedita, che li pone anche di fronte agli stessi orari e alle stesse difficoltà. Questo è il momento di un accordo intergenerazionale, in cui trasmettere ai nostri ragazzi quella fermezza del sintagma “rectis oculis” che Bentley, filologo che corresse ripetutamente Orazio, in uno dei Carmina volle sostituire al “siccis oculis ” tràdito in tutti i codici, per dare l’idea che il timoniere di una nave, durante una tempesta, deve essere in grado di guardare con occhio fermo verso l’orizzonte. Solamente con la reciproca volontà di un cammino comune ne possiamo uscire. Questo non è il momento di scontri né politici né polemici ma bisogna insieme trovare una soluzione per tornare in classe in condizioni di vivibilità e di reciproca serenità. Sinora rispetto al rischio contagio è, purtroppo, mancato il raccordo fra i vari tessuti socio-organizzativi del nostro Paese. Non vi può essere sicurezza a scuola se non vi è sicurezza nei trasporti e negli spazi che i nostri giovani, comunque, frequentano. Le regole dei protocolli restano importanti e da rispettare in tutti gli ambienti: se si arriva a scuola da mezzi di trasporto che comunque comportano una notevole presenza di passeggeri che di certo non sono a distanza di sicurezza, il problema arriva a scuola e da scuola torna a casa dove magari li aspettano tanti nonni, per i quali si stanno allungando tempi di vaccini, proclamati ma non somministrati.

Bisogna insieme tutelarsi e cercare di creare davvero dei tavoli che non nascano, però, strumentalmente e momentaneamente.

Durante l’estate ci sono stati troppi ritardi, abbiamo assistito tutti alle prove del Ministro Azzolina che giocherellava con banchi e rispettive rotelle anche se su quei banchi, purtroppo, non è possibile neanche riporre quelli che sono i normali strumenti di lavoro dei nostri ragazzi, come il mitico Rocci, vocabolario del quale è ricorso anche un anniversario importante per il settantesimo della scomparsa del suo compilatore.

Occorre creare degli spazi nuovi di didattica, vi è la possibilità di frequentare classi virtuali ed in questo momento di difficoltà proprio esse consentono la prosecuzione del dialogo educativo.

Quando gli indici di contagio si saranno abbassati, quando vi sarà davvero la garanzia di trasporti che consentano di arrivare a scuola con serenità, quando non vi saranno assembramenti al di fuori delle scuole, per i più svariati motivi, solo allora potremo essere davvero sicuri! Purtroppo, al momento, a scuola in presenza si rischia di vivere a contatto e contagio e questo non possiamo permetterlo, nell’interesse degli alunni, a cui resta rivolta ogni azione dell’insegnante, secondo urgenze più formative che valutative.

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