IL CONGRESSO PD E LA STRANA COPPIA PETITTO-PETRACCA

Abbiamo già scritto – riferendoci al Pd e all’Irpinia – della inopportunità di celebrar congressi di partito di questi tempi. La politica è una cosa seria, sempre. Un po’ meno lo sono i partiti, almeno per ciò che ci hanno fatto vedere da un certo momento in poi: ovvero da quando hanno smarrito la funzione alta e nobile affidata loro dalla Costituzione, in sintesi l’organizzazione del consenso, per diventare quel fenomeno degenerativo della vita politica che va sotto il nome di partitocrazia.

Per farla breve – era questo il senso del richiamo alla inopportunità – celebrare in tempo di Covid il congresso provinciale del Pd irpino commissariato, con tutti i problemi drammatici che abbiamo da affrontare, fa correre il rischio minimo di trasmettere ai cittadini un’idea sbagliata delle priorità. Il rischio medio è che nessuno ti ascolti; quello massimo – ed anche il più probabile – è di essere presi a pomodori in faccia.

Ma questa, chiaramente, era e resta una nostra opinione. Che non è affatto condivisa da chi ha facoltà di decidere in merito. E, infatti, come ci raccontano le cronache di questi giorni, il congresso del Partito Democratico si terrà regolarmente alla data già fissata del 28 febbraio. Ne prendiamo atto. Intanto cerchiamo di capire cosa bolle in pentola e dire la nostra.

Niente ancora di ufficiale. Epperò, almeno a giudicare dal chiacchiericcio insistente, pare che i due consiglieri regionali Livio Petitto e Maurizio Petracca, accompagnati dai rispettivi sostenitori delle scorse elezioni, abbiano in mente di mettersi in società per archiviare l’esperienza politica di Rosetta D’Amelio ed Enzo De Luca, entrambi veterani del Pd e fedelissimi dell’altro De Luca, ossia il governatore e rappresentante del Partito Democratico che per i prossimi cinque anni avrà nelle mani il potere reale – politico ed istituzionale – della Campania.

Ecco, già a guardare da questa angolazione l’ipotesi di un asse Petitto-Petracca, che d’ora in avanti chiameremo per comodità P&P, la dice lunga sullo sforzo di fantasia che i due consiglieri regionali hanno (avrebbero) prodotto per costruire il percorso della loro futura, agognata leadership in provincia di Avellino: un’impresa che – con De Luca il salernitano forte com’è oggi – riuscirebbe difficile perfino alla coppia De Mita-Mancino virtualmente ringiovanita e nella gran forma dei tempi d’oro. Insomma, con tutto il rispetto per P&P, che pure hanno avuto un bel successo elettorale, la strada che hanno (avrebbero) immaginato non può (non potrebbe) portare che a sbattere. Sono due giovanotti – il secondo non più tanto giovanotto – animati da abbondante dose di buona volontà, epperò Statisti non si nasce ma quasi.

Mai come in questa circostanza, tuttavia, corre l’obbligo del condizionale, tant’è che non l’abbiamo usato a caso. Tuttavia, falsa o vera od anche soltanto verosimile che sia l’indiscrezione dell’asse P&P sull’orizzonte congressuale, c’è un dettaglio che la “Strana Coppia” dovrebbe tenere nella giusta considerazione, anche a prescindere dal fatto che fino alle scorse elezioni regionali se ne son dette e fatte di tutti i colori (ricordate? Petracca fu il primo firmatario dell’Editto Bulgaro contro Petitto scritto a diverse mani, tra le quali quelle di “Enze” De Luca, D’Amelio ed altre figure e figuri del Pd irpino: “Se il partito candida Petitto, noi ci dimettiamo in massa: il partito scelga tra lui e noi”. Sono trascorsi appena tre mesi da quelle guerre tribali: un po’ di stile, Signori Consiglieri!).
Il dettaglio è che il desiderio di archiviare D’Amelio e De Luca l’avellinese non significa soltanto aprire la guerra contro De Luca il governatore, peraltro con altissime probabilità di restarne schiacciati, ma anche e soprattutto negare la realtà Pd cresciuta nella stessa area dell’ex presidente del Consiglio regionale (Rosetta) e dell’ex senatore (Enzo). Essere consiglieri regionali è certamente un punto di merito e di riferimento nel partito, ma non è “il” partito: con tutti suoi limiti, non si può dimenticare che il Pd ha sensibilità e stratificazioni culturali diverse e profonde, e che non è facile gestire una complessità politica del genere con le armi spuntate della semplificazione di comodo.

A nostro parere, per quel che può servire, un congresso provinciale Pd oggi – con il Covid che imperversa e con il lavoro che c’è da fare per neutralizzarlo prima e distruggerlo dopo – avrebbe senso soltanto se ci fossero l’intelligenza e il coraggio, non della conta interna, ma della composizione “a tavolino” di un onorevole accordo tra tutte le anime del partito, magari guidato e garantito dal Nazareno e da Palazzo Santa Lucia. Un onorevole accordo, va da sé, studiato e siglato – non sulle chiacchiere – ma sulle cose serie e concrete da fare per dare una mano a questa provincia messa in ginocchio dall’emergenza sanitaria ed economico-sociale.

In una simile prospettiva, l’asse P&P potrebbe avere una sua utilità e sugellare simbolicamente l’avvio di un nuovo percorso politico-generazionale in provincia di Avellino nell’area di centrosinistra. Diversamente, il P&P si ridurrebbe miseramente alla sigla “P2”, nell’accezione metaforica che il tempo sembrava aver cancellato.

Attenzione, in ogni caso: abbiamo costruito un discorso sul chiacchiericcio P&P che si sta facendo in questi giorni. Fino a prova contraria, allo stato dei fatti siamo in ipotesi di Pseudologia Fantastica: il discorso fila a perfezione, ma la premessa potrebbe essere sbagliata.

P.S.: Strettamente collegato al capitolo Congresso, ci sono l’elezione del nuovo Presidente della Provincia e il percorso che condurrà (nel 2023 o prima?) alle politiche. Sarà il tema della prossima riflessione. A presto.

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