Campo Genova ombelico del mondo in tempo di Covid. Povera Irpinia, povera Campania!
Chiedere al Sindaco di Avellino di dimettersi per la vicenda Campo Genova, cosa che ha fatto il consigliere di opposizione Dino Preziosi, è come pretendere che un avvocato cambi mestiere per aver perso una causa. È del tutto evidente che la provocazione del più attivo rappresentante della minoranza sia stata concepita quale atto squisitamente simbolico. Non solo perché egli sa bene che il primo cittadino non lascerebbe quella poltrona nemmeno se gli mettessero sotto una bomba; quanto e soprattutto per la consapevolezza dello stesso Preziosi che la sua richiesta è oggettivamente sproporzionata rispetto alla circostanza che la motiva.
Destinare Campo Genova ad area mercatale per gli ambulanti, infatti, può essere discutibile sotto il profilo logistico, e tuttavia non più di tanto. Resta comunque pur sempre una legittima scelta dell’Amministrazione comunale. In democrazia decidono le maggioranze, ed è un dato incontestabile che il Sindaco di Avellino – sulla citata questione al pari di altre già approvate –disponga di un sostegno numerico, è il caso di dire, a prova di bomba.
Altra cosa sono i “soliti sospetti” circa i perché e i per come si fanno certe scelte. Epperò i sospetti, in politica come nella giustizia ordinaria, hanno valore ben diverso dalla verità. Molto spesso accade, del resto, che si rivelino illazioni strumentali, diventando così essi stessi un ulteriore freno all’attività amministrativa, con tutti i danni che ne conseguono.
Più che chiederne le dimissioni, allora, sarebbe un’azione politica seria, concreta e costruttiva invitare il sindaco di Avellino – ma il discorso vale più in generale per tutti i soggetti istituzionali d’Irpinia e Campania – a modificare i comportamenti sin qui tenuti. Non come mera espressione estetica, ma in senso strategico nel contesto molto complesso che stiamo vivendo a causa delle tre grandi emergenze indotte dal Covid: sanitaria, economica, sociale.
Il primo cittadino del capoluogo, che citiamo per esemplificare, sta volando decisamente basso. Tanto basso che se continua così ancora per un po’, il meno che può capitargli è di finire con le chiappe a terra. Potrà conservare la poltrona fino al compimento del mandato; ma il suo sogno da bambino di diventare Sindaco di Avellino, finalmente realizzato, si trasformerà nell’incubo di ciò che avrebbe potuto fare e non ha fatto per la città che indubitabilmente ama.
Nel contesto complesso e drammatico nel quale ci sta toccando vivere, pensare e attuare azioni strategiche, assurgere insomma al ruolo di protagonisti, non può significare vestire i panni dell’anti-deluchiano ad ogni costo, fare il controcanto a De Luca. Questo è un esercizio semplice e insieme molto sciocco. Riuscirebbe bene, e senza sforzi, perfino allo scemo del villaggio. Vale per il Sindaco di Avellino, che in quelle vesti si è messo e sembra goderne da pazzi; e vale, come dicevamo, per tutti gli altri soggetti, pubblici e privati, che hanno o possono avere una parte nel difficile copione del dramma che il Covid ha scritto per tutti noi.
Ritagliarsi un ruolo in questo contesto vuol dire sforzarsi di battere le ali per volare un po’ più alto di quanto si fa nelle condizioni di ordinaria normalità. Vuol dire, innanzitutto, acquisire con rigore d’analisi la consapevolezza di ciò che sta accadendo. Per stare agli esempi di casa nostra, ed ancorchéprovocatoria, è volare basso, almeno quanto il volo del Sindaco, la richiesta di dimissioni del primo cittadino avellinese avanzata dalconsigliere Preziosi. Queste stravaganze possono passare in tempi di pace, non con la guerra del Covid che imperversa e continua a fare morti, contagi, disagi, povertà.
In tempo di guerra si offre collaborazione al Sindaco. Dice: ma quello non la vuole, è testardo, presuntuoso, esaltato, irrecuperabile. A maggior ragione va aiutato. Ci sono modi e modi. Di certo non è un modo con qualche possibilità di successo sbattergli in faccia quel “Dimettiti”. Lo sforzo dev’essere di argomentare la necessità che il Sindaco torni con i piedi sulla terra, ed alzi lo sguardo un po’ oltre la stucchevole quotidianitàdella sceneggiata avellinese.
Lo sforzo deve essere di capire, tutti noi indistintamente, che mentre nel piccolo villaggio irpino si litiga e si polemizza sul niente, altrove – nelle stanze che contano della politica e dell’economia – si stanno decidendo i destini del futuro prossimo e remoto delle singole aree regionali della nostra Italia. Mentre qui si litiga e si polemizza su Campo Genova e su chi è il Sindaco più scemo del villaggio provinciale, altrove – in quelle stanze – si decide chi resterà dentro e chi fuori dai circuiti economici e dai processi di sviluppo del dopo-Covid.
Il Governatore della Campania può stare simpatico o antipatico, può risultare amabile oppure odioso, ma una cosa è certa oltre ogni ragionevole dubbio: è un politico e un amministratore con gli attributi, ha capito prima degli altri come fosse indispensabile adottare misure rigorose per combattere il Mostro, ha anticipato tutte le mosse che il governo centrale ha poi ritenuto necessarie, ha indicato strategie che purtroppo con ritardo sono state comprese e messe in atto. Ora De Luca ha denunciato le manovre – decise nelle succitate stanze della politica e dell’economia – che rischiano di far scippare al Sud due miliardi di euro di cui un quarto spettante alla Campania.
Ebbene, il Governatore non si è limitato alla denuncia, che di fatto non produrrebbe effetti in mancanza di azioni conseguenziali. Ha indicato la strada da seguire: fare lobby istituzionale, in Campania e nel Mezzogiorno, almeno per difendere ciò che ci spetta.
Ecco: sindaci e amministratori locali, parti sociali e associazioni culturali, facessero lobby qui e subito per difendere i legittimi interessi territoriali, come magistralmente sanno fare al Centro e soprattutto al Nord, invece di perder tempo e sprecarsi in chiacchiere e polemiche. Altro che Campo Genova ed altre miserevoli sceneggiate avellinesi, arianesi, solofrane, e via girando, in lungo e in largo, nelle terre di Nessuna Politica che sono diventate l’Irpinia e l’intera Campania.
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