Maria e Giuseppe, 62 anni di matrimonio. Combattono insieme contro il covid
L'amore è più forte del covid, i due coniugi hanno festeggiato l'anniversario di nozze in una camera della clinica Santa Patrizia
L’amore oltre il coronavirus. Arriva da Secondigliano la storia di Maria e Giuseppe. Due coniugi napoletani, una vita insieme. Ed insieme stanno combattendo, e vincendo, la battaglia contro il virus. Giuseppe De Luca, classe 1930, e Maria Marinelli, classe 1934, hanno festeggiato i sessantadue anni di matrimonio festeggiati in una camera della clinica Santa Patrizia di Secondigliano. E non hanno voluto rinunciare nemmeno alle foto di rito scattate volentieri da uno degli infermieri della casa di cura. E’ il quotidiano Il Mattino a raccontare questa storia che in un momento così difficile per la Campania e l’Italia intera intera alle prese con l’emergenza sanitaria rappresenta un faro di speranza. .
“E’ stata una giornata straordinaria per noi e per loro. – racconta la dottoressa Clara Ugliano, anestesista, referente della clinica Santa Patrizia”. Maria e Giuseppe sono arrivati alla casa di cura lo scorso otto novembre. Erano affetti da covid. “Per fortuna avevo una camera singola a disposizione. Non ho esitato un solo istante a ricoverarli insieme: separarli sarebbe stato troppo doloroso e li avrebbe resi ancor più fragili nella lotta al virus che si preparavano a combattere”. Ora Giuseppe e Maria hanno superato la fase più acuta della malattia e si avviano verso la guarigione. “Devono rifare il tampone ancora una volta – spiega la dottoressa Ugliano – in ogni caso ci sentiamo abbastanza ottimisti: se tutto continuerà ad andare per il verso giusto a breve potranno anche fare ritorno a casa”. “Quando per la seconda volta mi è stato chiesto di trasformare la clinica Santa Patrizia in centro Covid, ho subito accettato: l’avevo inteso come un atto di responsabilità in un momento di grande emergenza per tutti noi e invece si sta rivelando un momento irripetibile dal punto di vista umano”. “ Il fatto che nessun parente possa essergli accanto contribuisce a creare un legame ancora più profondo con il personale sanitario che – oltre alle proprie mansioni – si sostituisce come può alle famiglie. Non possiamo far finta di non sapere che questi pazienti arrivano, e vanno via, in assoluta solitudine – conclude Clara Ugliano – la nostra professionalità, e prima ancora la nostra coscienza, ci impongono di star loro vicino come farebbe un parente”.
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