Non solo Covid. Parliamo di lavoro: la “nostra” Alta Velocità, ad esempio

Da domenica 15 a domenica 29 novembre, due settimane di Campania Rossa. Il Governo Conte lo ha capito con ritardo, ma finalmente ci è arrivato. Avesse dato ascolto a De Luca un mese fa, invece di giocare con improbabili algoritmi, forse saremmo già fuori dal tunnel. Ma è fatica inutile fasciarsi ora la testa. Cosa fatta capo ha. E farebbe cosa buona e giusta anche De Luca se abbandonasse ai propri destini – senza più nominarli – ministri e politicanti per caso che non lasceranno traccia della loro effimera presenza governativa nella storia Covid della Campania e dell’intero Paese.

Siamo realisti: non è affatto certo che due settimane saranno sufficienti a far abbassare i “toni” aggressivi del Virus. Ci abbiamo messo anche del nostro – governanti centrali, istituzioni locali e comuni cittadini della Campania – nella crescita a dismisura dei contagi in questa seconda ondata epidemica. Sabato scorso – ultima sera prima del lockdown, manco si fosse trattato della festa d’addio al celibato e al nubilato – da Napoli ad Avellino abbiamo prodotto un eloquentissimo trailer del film girato da maggio fino ad una settimana fa nella nostra regione: assembramenti ovunque, mascherine a discrezione, negazionisti impuniti, controlli zero, sindaci dall’Io drogato che andavano cacciati dai municipi a calci nel sedere, un lassismo diffuso, irresponsabile e incosciente, contro cui nulla ha potuto il sacrificio della stragrande maggioranza di gente seria che da nove mesi osserva le regole, e si ritrova impotente di fronte allo spettacolo indegno di tanti nuovi barbari.

Tuttavia, abbiamo il dovere di sperare e di credere che due settimane saranno sufficienti per riparare la parte grossa dei guasti prodotti dalla seconda ondata ancora in corso e che noi stessi – dicevamo – abbiamo contribuito ad accrescere. E se mai – scongiuri facendo – queste due settimane non dovessero bastare, abbiamo comunque il dovere di preparaci al sacrificio – di certo pesantissimo, diciamo pure insopportabile – della proroga per una o due settimane ancora: sappiamo bene tutti che prima del vaccino di massa non riusciremo a dare il colpo mortale al Virus, agitarci servirebbe soltanto a “far godere” il Virus delle nostre sofferenze.

Mi sono dilungato nell’osservazione del bicchiere per tre quarti pieno di problemi e di guai. Volontariamente dilungato: se vogliamo sconfiggere il Male dobbiamo guardarlo negli occhi, sarebbe deleterio il “folle gioco dello struzzo”, come ha recentemente osservato Carlo Verdelli in un lucidissimo editoriale del Corsera. Perché “… la sola vera difesa contro il coronavirus non è il censo né il rango (quello vale semmai per le possibilità di cura) ma il rispetto dei precetti per contrastarlo”. Quindi bisogna conoscerlo, non perderlo di vista. Mai.

Ora parliamo dell’unico quarto di bicchiere ancora “vuoto”, ma già pieno di grandi speranze, che è l’argomento nuovo della riflessione di oggi, e che potrebbe diventare il tema su cui lavorare un po’ tutti, ciascuno per la propria parte di competenza, profittando di queste due settimane di lockdown. La materia non verte su come uscire dal tunnel dell’emergenza. Se ne parla e scrive e ovunque. Basata e avanza.

Il quarto di bicchiere pieno riguarda un Tunnel reale, non metaforico. È la galleria (quasi tutta galleria) di 28 chilometri del tratto Stazione Hirpinia-Orsara (a completamento del lotto che parte da Apice) dell’Alta Velocità-Capacità Napoli-Bari. Il bando di gara è stato pubblicato in Gazzetta Ufficiale venerdì. Oltre che sulle testate locali, sabato la notizia ha avuto opportuna rilevanza sulle prime pagine dei maggiori quotidiani nazionali, e ve n’è donde. Si tratta, infatti, di un’opera da un miliardo e mezzo di euro, finanziamento pronto cassa, dunque soldi spendibili subito, inizio lavori nei primi mesi del 2021, e soprattutto un mega-cantiere sostanzialmente irpino.

Si chiederà: cosa c’entra con il Covid il Treno ad Alta Velocità-Capacità? C’entra eccome. L’emergenza Covid non è solo sanitaria. È anche – secondo una scuola di pensiero “soprattutto” –  economico e sociale. D’altra parte, è proprio la complessità del giusto equilibrio tra le due emergenze la questione che sta creando le maggiori tensioni nel mondo politico, sindacale e produttivo del nostro Paese. Insomma, a prescindere dall’efficacia delle misure restrittive per contrastare il Virus e dagli aiuti per “sopravvivere”, non possiamo attendere che tutto si normalizzi sul fronte sanitario per ordinarci le idee e programmare azioni a sostegno dei processi di sviluppo che interessano l’Irpinia.

Diciamo pure, allora, che il mega-cantiere Stazione Hirpinia-Orsara, prolungamento dell’Apice-Stazione Hirpinia, è allo stato dei fatti l’unica grande opera pubblica che ricade nel territorio della provincia di Avellino. E che, se resta ancora valido l’impegno assunto da Rfi (la società del Gruppo Ferrovie dello Stato) di attingere in loco manodopera e forniture, si comprende la portata dell’opportunità che viene offerta per creare posti di lavoro e rilanciare l’edilizia, da sempre volano di ricadute economiche decisamente importanti.

È un tema rilevante, sia perché niente ci sarà dato “a gratis”, sia perché abbiamo esperienze devastanti da queste parti in materia di grandi opere pubbliche. Non va dimenticato – citiamo a mo’ di esempio e per stare alle cronache più recenti – che la strada a scorrimento veloce Lioni-Grottaminarda ha subito un fermo di oltre un anno per i dannosissimi capricci politici di parlamentari e membri governativi del M5S. Come non va dimenticato, per stare proprio alla Tav Napoli-Bari, tratta in questione, che ancora i 5Stelle, dall’Irpinia a Roma, un tentativo per far perdere tempo – per fortuna andato a male – pure l’hanno fatto.

Niente ci sarà dato gratis, dicevamo. Sindacato, istituzioni e politica locale possono giocare un ruolo decisivo per garantire il territorio. Certo, Rfi ha assunto un impegno e non c’è motivo di dubitare che lo mantenga. Ma offrire livelli di produttività elevati, invogliare i fornitori a comportamenti non speculativi, sostenere le imprese locali nelle dinamiche dei subappalti, creare o potenziare i servizi pubblici locali funzionali alle esigenze del mega-cantiere, dalla burocrazia comunale a tutto il resto: insomma, “certificare” con azioni concrete l’affidabilità del territorio è un aspetto che, oltre all’utilità diretta, può far meglio maturare la cultura produttiva ambientale che qualifica l’apporto locale nei processi di sviluppo.

Non va fatto passare in secondo piano, infine, un altro aspetto. Il mega-cantiere irpino della Tav è soltanto una parte, anche perché temporaneo, delle ricadute positive che produrrà da queste parti la Napoli- Bari. La Stazione Hirpinia e la piattaforma logistica che ne deriverà potranno dare un fortissimo impulso allo sviluppo dell’intera provincia. Ma tutto dipenderà dalla nostra capacità di partecipare da protagonisti al “processo”: con idee, progetti, programmi sia di mano pubblica che privata.

Non vi sembra abbastanza – domanda a tutte le parti in causa – per cominciare a parlare di cose serie e in maniera seria, non in sostituzione, ma almeno in aggiunta alla babele di polemiche non sempre utili che sta caratterizzando la vicenda irpina in tempo di Covid?

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