Le aste giudiziarie, i Tre tre e il clan. “Io e Livia abbiamo fatto BOOM”: parola di Aprile

Nell'ordinanza gip la ricostruzione del sistema delle aste pilotate, ideato, a sua detta, da Armando Aprile e dalla sua "piccirella" Livia Forte. Un'attività andata avanti per oltre un decennio, che poi ha visto l'ingresso dei fratelli Galdieri. Che ha provocato diverse tensioni, ma anche lauti guadagni

Armando Aprile e i fratelli Livia e Modestino Forte. In arte i Tre tre, secondo le carte della procura antimafia napoletana. Così erano riconosciuti e chiamati in città, quello che facevano invece in merito alle aste giudiziarie “lo sapevano anche le pietre”, parole testuali di un testimone.

Sono loro ad aver creato il business, si legge nell’ordinanza del gip del tribunale di Napoli, consistente nel monopolizzare il settore delle aste degli immobili: venivano a conoscenza prima degli altri degli incanti fissati al tribunale di Avellino, ma gli affari si stavano allargando anche a Benevento, e si organizzavano per tempo. Il sistema piuttosto lineare nella sua crudeltà. Entravano in contatto con le persone esecutate, approfittando della loro disperazione nel voler rientrare in possesso delle loro abitazioni si ponevano quasi come dei salvatori, impedendo, con minacce o ritorsioni, ad altri eventuali interessati a partecipare, per poi acquisire, spesso attraverso teste di legno, il lotto in questione (dopo aver fatto andare deserte le prime aste facendo scendere dunque il prezzo del bene) e restituirlo al malcapitato in cambio però del “pizzo”, come lo definisce Modestino Forte, una quota aggiuntiva che poteva partire dai 5mila euro ed arrivare fino a 100mila, sulla base del valore dell’immobile. La maggior parte delle volte lasciavano che fosse direttamente l’esecutato a ricomprarsi il bene, dietro sempre un pizzo per aver impedito ad altre persone di partecipare; accadeva altrettanto spesso invece, quando fiutavano l’affare, che l’immobile se lo aggiudicassero loro, sempre dopo aver fatto ‘piazza pulita’ dei possibili interessati, infine passavano alla rivendita del bene e all’incasso. Attraverso le loro società riciclavano poi il denaro estorto.

Un sistema oliato e perfetto, di cui Armando Aprile si vanta di essere l’ideatore. “Piccirella”, come lui chiama Livia Forte, è la sua socia in affari, “Io e Livia abbiamo fatto BOOM” si vanta Armando con il fratello; i due, si ricostruisce nelle carte dell’ordinanza, hanno creato una fittissima ragnatela di conoscenze all’interno del tribunale e degli istituti di credito, ma anche con avvocati e notai del capoluogo, una connivenza che gli garantiscono la totale tranquillità nel gestire le operazioni criminose, anche se il loro timore era sempre che qualche vittima potesse denunciarli.

“Per non dare troppo nell’occhio però”, spiega Armando, “ogni tanto conveniva depositare, aggiudicandosi formalmente il bene, e dare una parvenza di legalità, per non andare sulla bocca degli stessi custodi giudiziari che si conoscono tra loro e che si sarebbero potuti insospettire se l’avessero visto troppe volte in tribunale”.

Un’organizzazione che andava avanti da almeno un decennio, nato con la società “Immobiliare ok”; l’esclamazione di giubilo americana troneggia anche sul ristorante di rione Aversa, “It’s ok”, che diverrà la base del sodalizio, dove si preparano gli affari e dove a volte si portano, si minacciano e in alcuni casi si pestano le vittime.

Il sistema, ben oliato, come descrive l’antimafia, va avanti per anni, a cambiare le carte in tavola è l’interessamento dei fratelli Galdieri nel business. Damiano Genovese ha il mandato esplorativo di mettere assieme le due famiglie, Beniamino Pagano l’altro gancio, il boss Pasquale Galdieri il mandante, anche se la vera mente si rivela il fratello Nicola, che ha uno strettissimo rapporto personale d’amicizia con il fratello, poi deceduto, di Livia Forte, Vittorio. I metodi della cricca si fanno brutali, Carlo Dello Russo, il picchiatore del clan, si stabilisce quasi in maniera fissa al terzo piano del tribunale per minacciare le vittime.

Gli affari, con l’aiuto del clan di Capocastello, si gonfiano, ma Aprile e Forte ora sono costretti ad assegnare almeno il 20% dei guadagni ai Galdieri, e fino al 33% se a portare i clienti sono i boss di Mercogliano.

Si creano frizioni, O’Milord sospetta che Livia Forte nasconda gli affari, ad Aprile non piacciono i modi dei Galdieri, ma il sodalizio conviene a entrambi e ognuno continua a giocare il proprio ruolo. Fino al blitz dell’anno scorso, che interrompe un sistema che durava da almeno dieci anni

I commenti sono chiusi.