Damiano Genovese voleva uccidere i suoi attentatori la notte del terrore
Sabato 21 settembre 2019, notte di terrore camorristico ad Avellino. La ricostruzione dei fatti nelle 900 pagine dell'ordinanza del gip di Napoli Finamore con la quale sono state accolte le richieste di arresto avanzate dalla Dda per altre 14 persone del Nuovo Clan Partenio. Un dettaglio raccapricciante emerso dalle intercettazioni: il giovane Damiano Genovese, già consigliere comunale del capoluogo, aveva riconosciuto i suoi attentatori ed era pronto "a spararli in testa" dopo aver preso in mano la pistola
Era uscito di casa con una pistola in mano per rispondere al fuoco dei suoi aggressori “e spararli in testa”, parole letteralmente intercettate dagli inquirenti. E’ lo stesso Damiano Genovese a ricostruire il giorno dopo, a un suo familiare, tutto quanto avvenuto durante la notte di sabato 21 settembre dello scorso anno, quando la deflagrazione di una bomba inserita nell’auto di Sergio Galluccio e i colpi dei mitra sulle auto dei Genovese fecero piombare nel terrore l’intero capoluogo.
Genovese e Galluccio subiscono la ritorsione da parte dei capi del Nuovo Clan Partenio, i fratelli Galdieri, senza dubbio i mandanti degli attentati secondo Damiano, che non si era posto il problema di rispondere al fuoco al punto da essere pronto ad uccidere i suoi aggressori.
Quella notte Damiano Genovese sente infatti il rumore di uno scooter davanti casa, un T-Max con a bordo due uomini che imbracciano un mitra, e poi arriva il rumore degli spari, diretti alle autovetture della sua famiglia. Genovese, che descrive quanto avvenuto durante la nottata a una sua familiare, sostiene di non aver perso tempo e di aver preso in mano una pistola che nascondeva dentro casa, trovata i giorni dopo dai carabinieri, e di essere uscito sul balcone, dove ha riconosciuto i due aggressori. Genovese però alla fine non è riuscito a fare fuoco a causa della fuga dei due, ma confida alla sua parente che era pronto “a spararli in testa”.
L’ex consigliere comunale della Lega ha comunque identificato i due e preso il numero di targa dello scooter, e ne vuole discutere direttamente con Pasquale Galdieri. “Hai perso la testa perchè io sto con te”, dice meravigliandosi in una conversazione registrata, intanto con un altro familiare iniziare a meditare la vendetta. A provarlo a placare sarà il padre, il boss Amedeo, che dal carcere, attraverso un messaggio inoltrato attraverso il fratello di Damiano, invita alla calma il figlio, riconoscendo la caratura criminale dei Galdieri, una volta suoi scagnozzi ai tempo in cui era lui il capo del clan che portava il suo cognome. Quei fatti sembravano essere solo l’inizio di una faida all’interno del sodalizio criminale, stroncata fortunatamente sul nascere dagli arresti dei carabinieri.
Damiano Genovese non ha dubbi sul fatto che gli attentati sono opera dei Galdieri e ne svela pure il movente: Sergio Galluccio e Antonio Genovese, lo zio di Damiano, avevano pestato i piedi ai boss di Capocastello, facendo attività usuraia senza il loro consenso. Un episodio che si era già verificato in precedenza, costringendo Damiano a mediare, ma il secondo sgarbo ha provocato la reazione violentissima dei capiclan.
Ma “da tipico criminale omertoso”, scrivono i procuratori antimafia, Damiano Genovese, interrogato sul punto i giorni dopo l’attentato, nonostante alla sua parente confidò di aver riconosciuto aggressori e mandanti, “si è ben guardato dal rivelare tali particolari circostanze dimostrando”, concludono gli inquirenti, “la sua appartenenza al sodalizio criminoso denominato Nuovo Clan Partenio, per cui è sotto processo ed ora agli arresti in carcer
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