È una guerra contro il Covid, non una partita di pallone

Alessandro Perrella è un infettivologo di 45 anni, in servizio al Cardarelli e membro dell’Unità di Crisi anti-Covid, che noi di Irpinia Tv abbiamo intervistato per circa un’ora agli inizi di settembre. Allora, quando la stragrande maggioranza di noi comuni mortali, politici e medici compresi, respirava e diffondeva aria di ottimismo sull’ipotesi di ritorno del Virus in autunno, Perrella smorzò i nostri entusiasmi durante la registrazione dicendoci, papale-papale, che non c’era da farsi illusioni, perché “così, così così…”.

Sul Mattino di ieri, pagina nazionale, abbiamo potuto leggere un’intervista all’infettivologo raccolta dall’ottimo collega Ettore Mautone. Impressionante, alla luce di quanto sta accadendo in Campania e in Italia, la corrispondenza dei fatti alla rigorosa analisi rassegnata dal Ricercatore due mesi fa. Per di più, nella babele di tesi e controtesi che gli stessi esperti ci stanno offrendo ancora in queste ore, le risposte di Perrella al giornalista del Mattino hanno il pregio della chiarezza e della definitività. Due in particolare, che riprendiamo testualmente come base per una nostra breve riflessione calata nella drammatica attualità che stiamo vivendo.

La prima. Si parla dei motivi per cui siamo arrivati dove oggi siamo. Il cronista chiede: “Sono stati fatti errori?”. La risposta: “Il principale è che tutti si sono considerati allenatori di pallone, cittadini e anche medici, in una partita che si gioca invece tra un virus e gli infettivologi. Così da ogni parte si sono lette e sentite tante sciocchezze sconfinate nel delirio dei complottisti, degli interessi delle case farmaceutiche, del ribellismo, dei no mask. La storia dell’umanità è piena di simili errori che conducono a catastrofi epocali… Nella situazione in cui siamo, dovremmo distanziarci sempre più, e invece ci assembriamo nelle piazze per protestare”.

La seconda. Si parla dell’ipotesi di un secondo lockdown. Il cronista chiede: “Ne verremo fuori?”.  La risposta: “Sì, ma non in tempi brevi… Senza allarmismi, dobbiamo dire che solo se saremo uniti e solidali ne verremo fuori feriti ma non vinti… Stiamo arrivando al limite della necessità del lockdown, un limite oltre il quale non sarebbe più utile applicarlo. Mi spiego. Quello che stiamo vedendo adesso è ciò che c’era a dicembre e a gennaio: la libera circolazione di molti asintomatici, con la differenza che adesso è diffusa e moltiplicata per dieci, perché il virus si è insediato nella comunità umana. Oggi dietro mille malati ci sono decine di migliaia di asintomatici. L’aumento è esponenziale… Basti dire che, per quanto possa essere impegnato il sistema sanitario nazionale, la libera circolazione del virus farà superare ogni argine all’epidemia… Non abbiamo una cura né un vaccino: l’unico modo per difenderci è la prevenzione, ossia il distanziamento, la mascherina, l’igiene delle mani”.

Più chiaro di così non si potrebbe essere. Niente veli, niente inutili esorcismi, un “vaffa” sonoro ai negazionisti, un “basta” definitivo ai tanti, troppi “allenatori di pallone”, politicanti e sindacalisti e sindaci irresponsabili in prima fila, e un accorato appello alla unità di intenti perché solo così – e ci siamo – possiamo venirne fuori “feriti ma non vinti”.

È l’appello alla serietà dei comportamenti. L’intento sul quale bisogna unirsi è la battaglia contro il Virus. La precondizione è la presa di coscienza che oggi il nemico è lui. Poi ci sarà tempo per ricominciare le guerre tra noi umani, per dare sfogo ai nostri interessi, alle nostre ambizioni legittime e non, ai nostri egoismi, alla nostra fregola di protagonismo.

Pensate a quanto sarebbe utile, ad esempio, se sindaci come il primo cittadino di Avellino la smettessero con certe sortite isteriche, che talvolta li fanno apparire i cocainomani che non sono, e si rivolgessero al presidente della Regione Campania nei modi civili che le cariche istituzionali impongono. Pensate a quanto sarebbe altrettanto utile, viceversa, se lo stesso presidente De Luca chiedesse la collaborazione dei sindaci per affrontare questa drammatica emergenza sanitaria ed economico-sociale, smettendo a sua volta di trasmettere l’impressione d’essere l’arrogante che non è, di poter fare tutto da solo, manco fosse stato unto dal Signore, senza risparmio di oli santi, dalla cima dei capelli fin sotto i piedi.

Pensate a quanto sarebbe utile, altro esempio dal villaggio globale irpino, se il deputato 5Stelle arianese Generoso Maraia, invece di minacciare cataclismi e rimozioni di vertici sanitari, peraltro senza fondate motivazioni, si presentasse domattina, con un fiore di prato tra le mani, dal direttore generale dell’Asl, Maria Morgante, e dal direttore generale del Moscati, Renato Pizzuti, da quest’ultimo chiaramente senza fiori, e dicesse loro: “Per favore, mi fate capire cosa accade, cosa serve, quale contributo parlamentare posso offrire per aiutarvi a meglio affrontare l’emergenza?”.

Pensate, per altro verso, a quanto sarebbe utile se i direttori generali Morgante e Pizzuti spiegassero alla comunità, non ogni ora, ma almeno una volta a settimana, l’andamento dell’epidemia, le criticità organizzative esistenti, le necessità oggettive ed urgenti: un ponte informativo del genere servirebbe di certo, da una parte, a dare risposte ai legittimi interrogativi che oggi il cittadino comune non sa a chi rivolgere; dall’altra, a stimolare nel cittadino comportamenti individuali e collettivi adeguati alla gravità del momento.

E gli esempi potrebbero continuare toccando tante altre categorie pubbliche e private, direttamente e indirettamente coinvolte nella trincea della guerra al Virus. L’alternativa devastante all’esercizio delle utilità testé accennate è ciò che sta accadendo: è l’improvvisazione, è la presunzione d’essere tutti allenatori di pallone, è la babele di voci e comportamenti. In una parola, è il “caos”: migliore alleato il Virus non potrebbe avere.

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