La prima ondata Covid non ci ha insegnato molto. Ecco perché
Contagi Covid e dintorni. Dal ministro della Salute, Roberto Speranza, e dal vice Pierpaolo Sileri, abbiamo avuto – rispettivamente – una formale conferma e una coraggiosa ammissione.
Speranza ci ha detto che “L’Italia resiste ma peggiora”, traduzione severa, che peraltro fa un tantino vacillare il cognome del ministro, d’una tra le più gustose battute di Woody Allen: “Dio é morto, Marx pure, e anche io non mi sento molto bene”.
Sileri – che ha maggiori competenze specifiche di Speranza, essendo e medico ed accademico – ospite al “Di martedì” di Floris su La 7- con grande onestà intellettuale ha riconosciuto che c’è una lentezza generalizzata nella esecuzione ed esame dei tamponi, per cui si rende indispensabile introdurre sostanziali correttivi. In buona sostanza, giusto per citare in qualche modo la nostra Irpinia, il viceministro ha detto oggi ciò che il mio amico “mirabellano” Nino Schena va decidendo da sei mesi, ossia da quando é cominciata questa storiaccia della pandemia.
Ora, Nino Schena non è stato insignito del Nobel per la Medicina. Egli è un onesto biologo che per 40 anni ha lavorato nei laboratori degli ospedali di Bisaccia e di Sant’Angelo dei Lombardi. Per dire che, non essendo nemmeno uno scienziato di Epidemiologia, soltanto affidandosi alla logica elementare ed al buon senso sei mesi fa poté individuare nella lentezza dei tamponi la causa della conseguente lentezza dei tracciamenti Covid e, dunque, l’efficacia dimezzata dei protocolli Oms per contrastare la diffusione del contagio.
Bisogna convenire che Sileri ha avuto un bel coraggio a dire le cose che ha detto, però con un neo che non gli torna ad onore. Infatti, incalzato da Floris (“Lei è viceministro, perché non interviene?”), il rappresentante del governo é inciampato nell’eterno alibi dei politici che si nascondono dietro la foglia di fico della tecnocrazia: c’è un comitato tecnico – ha detto sostanzialmente Sileri – e noi dobbiamo seguire le sue indicazioni. Ergo, un comitato – che del resto non pare ne abbia fino ad ora indovinate tante – dice una cazzata, e la politica s’inchina, decide in quel senso e ringrazia.
Intanto accade ciò che sta accadendo. Sarà pure, come dice il ministro, che assieme alla Germania siamo i due Paesi oggi meglio messi in Europa per numero quotidiani di positivi, di guariti e di decessi. Ma ciò non può esserci di conforto. Perché, a differenza degli altri Paesi europei, noi abbiamo già dato abbondantemente nel corso della prima ondata Covid: é necessario, al riguardo, ricordare la conta delle vittime, le bare di Bergamo e i sacrifici giustamente imposti agli italiani e da noi italiani accettati e fatti?
Il problema è che l’esperienza drammatica vissuta nella prima fase non pare ci abbia insegnato molto, almeno rispetto alla questione tamponi. E tanto – inutile girarci intorno – é addebitabile proprio al comitato tecnico dietro il cui tavolo sembra oggi nascondersi Sileri. Lo stesso perenne conflitto tra governo centrale e governi regionali non riesce a trovare una soluzione definitiva. Il risultato è che si continua ad andare in ordine sparso: la sensazione è che le prove muscolari del ministero della Salute e del comitato tecnico siano più mirate ad ostentare potere che non a risolvere i nodi nel modo più adeguato. Di fatto c’è che le amministrazioni regionali vivono più direttamente le realtà territoriali, per cui sarebbe saggio evitare contrasti e rallentamenti che producono effetti devastanti.
Si può sperare in un rinsavimento generale capace di riportare al centro dell’attenzione e dell’azione l’unica, vera priorità che abbiamo, cioè quella di sconfiggere il Covid?
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