La Campania rischia grosso e la scienza ci scherza su

E ti pareva che i virologi dell’Illuminata Lombardia e dell’Iluminato Veneto non avrebbero contestato l’obbligo della mascherina all’aperto, in qualsiasi luogo e sempre, introdotto dall’ordinanza De Luca per la Campania ed ora al vaglio di Palazzo Chigi per estendere la misura a tutto il territorio nazionale?

Ha cominciato Andrea Crisanti, docente di Microbiologia all’Università di Padova: per carità, tanto di cappello ed un particolare inchino davanti alle belle intelligenze scientifiche del nostro Paese. Però non si può concedere nemmeno ad una personalità del suo rango di banalizzare problemi così gravi come quello che il mondo sta vivendo con il Covid.

Dunque, Crisanti ha detto: “La mascherina protegge, ma se io attraverso la strada e sono solo e davanti a me non c’è nessuno, diventa un provvedimento difficilmente comprensibile”. Vero, ma banale, appunto. Il virologo, infatti, mentre ammette – e non potrebbe essere diversamente – che la mascherina protegge, ci propone in buona sostanza la protezione a intermittenza: se mentre attraverso la strada sono solo, me la tolgo; ergo, se spunta qualcuno all’improvviso, la rimetto. Che è il modo migliore per fornire un alibi incontestabile a chi vuole sfuggire alla sanzione dei mille euro in caso di trasgressione: “Quando ho tolto la mascherina non c’era nessuno, poi è spuntata gente come funghi e l’ho rimessa”. Guarda un po’ che coincidenza! Insomma, una protezione coralmente ritenuta indispensabile dal mondo scientifico per contenere il rischio del contagio viene ora trattata, pur di assecondare egoistiche competizioni accademiche, quasi alla stregua di una partita di calcio: ricorriamo alla moviola per stabilire – a cose fatte, quindi tardi – se c’è stato o meno il “fallo” della presenza di qualcuno al momento di mettere e togliere la mascherina. Roba da manicomio, altro che Scienza.

Sulla stessa linea di Crisanti si attesta Massimo Galli, infettivologo del “Sacco” di Milano, cosicché l’asse sanitario Lombardo-Veneto è bell’e costruito, giusto per far capire in giro che i virologi e gli infettivologi dell’Illuminata Sanità del Nord sono un secolo avanti a quelli del Sud. Insomma, giusto per cambiare, invece di unire, specie in una emergenza ancora senza sbocco qual è quella che stiamo vivendo, gli uomini di Scienza pensano a dividersi, come se non bastassero le profonde divisioni geo-politiche che continuano a tenere l’Italia spaccata in due.

Tuttavia, se Crisanti fa un ragionamento banale, Galli – pur di superarlo – non resiste alla tentazione dell’ironia. Leggete: “La mascherina deve essere indossata anche all’aperto quando ci sono varie altre persone in vicinanza, ma che uno debba metterla mentre sale in montagna in cordata singola, questa è abbastanza un’assurdità, che la gente recepisce come ridicola e quindi rifiuta”.

Ci sarebbe da chiedere al professor Galli in quale passaggio dell’ordinanza di De Luca ha letto dell’obbligo di scalar montagne “mascherati”. Si tratta, chiaramente, di volontaria rappresentazione carnevalesca di un problema serio al solo fine di snobbare uno dei pochi provvedimenti efficaci, assieme al distanziamento sociale, emanati per contrastare il Covid. Ma tant’è: non dimentichiamo che Galli è il medesimo infettivologo che da sei mesi occupa lo schermo TV senza averci ancora fatto capire come possiamo difenderci al meglio dal contagio: lui non consiglia, non propone e non si scompone. Lui ostenta. Il niente.

Attenzione: le tirate dei due accademici contro l’obbligo delle mascherine all’aperto “sempre e in ogni luogo” non sono ininfluenti sulle decisioni politiche. Ieri pomeriggio, in singolare coincidenza con le esternazioni polemiche del virologo e dell’infettivologo, il Corriere della Sera – nella edizione on line – ha lanciato l’indiscrezione d’una clamorosa marcia indietro di Palazzo Chigi rispetto all’orientamento, anticipato da ambienti governativi, di recepire i provvedimenti dell’ultima ordinanza De Luca: chiusura alle 23 – diciamo così – della “vita notturna” dalla domenica al giovedì, e alle 24 dal venerdì al sabato.

Va detto che il provvedimento del presidente della Campania è una scelta mirata a contenere l’impennata di contagi che si sta registrando nel territorio regionale essenzialmente a causa di tre circostanze: rientri dalle vacanze in luoghi nazionali ed esteri non sufficientemente protetti, movida e assembramenti fino a notte inoltrata senza alcuna osservanza dei distanziamenti, uso molto parziale – ci risiamo – delle mascherine. Ed è una scelta, decisamente sofferta, funzionale all’obiettivo di evitare un nuovo lockdown, che sarebbe devastante per una economia regionale già messa in ginocchio dalla prima fase della pandemia.

Difficile interpretare i ripensamenti del governo centrale, se riconfermati nel Dcpm atteso per domani, al di fuori di una strategia pesantemente condizionata dalle pressioni di ambienti politici ostili al protagonismo operativo di De Luca. Non è un mistero, del resto, che lo “Sceriffo” sia visto dal governo come un “rompiscatole” per il sol fatto che affonda il dito nella piaga delle troppe disfunzioni e confusioni che la gestione centrale dell’emergenza lascia registrare.

Si pensi, ad esempio, all’ultima denuncia pubblica di Palazzo Santa Lucia in merito alla distribuzione delle forniture decise dal commissario Arcuri: alla Campania il 60 per cento in meno rispetto ad altre regioni con popolazione dello stesso ordine di grandezza. E si pensi ai rilievi critici reiterati da De Luca circa la babele della validità dei test: nessuna indicazione precisa sui modi riconosciuti di farli. “Tra tamponi, test rapidi, “striscette” salivari, punture e quant’altro – si fa notare in ambienti vicini a Palazzo Santa Lucia – ormai si è perso il conto dei santi a cui rivolgersi per venirne a capo con risposte adeguate all’urgenza e all’attendibilità diagnostica”.

Insomma, c’è poco da stare tranquilli. La Campania è fortemente esposta al rischio di chiusura. E prima ancora della chiusura è fortemente esposta al rischio di una dolorosissima pagina sanitaria e sociale. Ecco anche perché diventano insopportabili le banalizzazioni e le stupide ironie di un mondo medico-scientifico che, invero, fino ad ora non ha dimostrato particolari doti taumaturgiche contro il Covid.

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